Nicola Porro, che è un liberale sincero e moderno, difende la libertà di non votare per far vincere la ragione del No, contro la tesi per cui non si dovrebbe trivellare il mare per ricavarne il petrolio, che poi in gran parte importiamo. Riflettendo sulle esperienze di proprietari di immobili, mi sono convinto che dietro questa norma, apparentemente liberale, si cela una insidia: la violazione del diritto di proprietà; perciò occorre votare Sì nel referendum.
Se fossimo proprietari del sottosuolo, anche per le eventuali miniere, come negli Usa, non accetteremmo mai di fare un contratto di concessione come quello della norma ora vigente, per cui il concessionario può, senza alcun limite di tempo, occupare la miniera, sino al suo completo sfruttamento e non lo si può sfrattare se viola le regole di sicurezza e igiene. I pozzi di petrolio e di gas contenuti nel sottosuolo in Europa e in Italia, però, sono del pubblico demanio, che ci appartiene come cittadini-contribuenti. Perciò faccio l'esempio del proprietario di un immobile che lo debba affittare con un contratto simile al contratto di concessione oggetto di referendum. L'inquilino avrà diritto di tenersi i locali senza limite di tempo; se non osserverà le regole di sicurezza e igiene non sarà sfrattabile; non pagherà l'affitto se non sta nell'immobile, in analogia con il titolare della concessione, che paga il canone solo sul materiale estratto. Quell'inquilino, così, non avrà alcun interesse a terminare il contratto, con l'onere di riconsegnare l'immobile in buono stato. Ci lascerà dentro le sue cose sporche che potranno contaminare anche altri locali con danno per altri inquilini e per il proprietario, cui compete anche l'onere di vigilare sui beni, per contenere i danni. Una situazione analoga a quella che molti proprietari di case in affitto debbono subire perché la legge e la prassi vigente proteggono più gli inquilini, che i proprietari.
Torno al punto. Con la legge oggetto di referendum non si possono più dare concessioni vicino alla costa, per l'estrazione gas e petrolio, ma quelle vigenti rimangono in vita senza termine, per gli attuali beneficiari, sino al completo sfruttamento delle concessioni. Questa norma è errata perché che viola il principio base, per cui la concessione deve aver un termine, perché diversamente il beneficiario diventa proprietario di fatto. La norma viola le regole base sulla concorrenza, per cui alla scadenza delle concessioni, per il loro rinnovo si deve fare una gara. La norma, inoltre, consentendo al concessionario di non chiudere mai i pozzi, comporta un onere di vigilanza burocratica vessatorio per il proprietario finale, cioè il contribuente, anche perché il mancato rispetto di norme di sicurezza e salvaguardia ambientale non comporta lo sfratto rapido del concessionario. Le imprese titolari di tali concessioni non hanno interesse a chiudere i pozzi perché metterli in sicurezza è costoso.
La norma va riscritta stabilendo che il diritto a usare la concessione sino all'esaurimento è subordinato a un piano di sfruttamento di durata definita approvato dal concessionario; e che la concessione può essere assegnata ad altri ove vengano violate le norme ambientali. Il rispetto dei diritti di proprietà è la base della libertà e del mercato.
Il capitalismo che crea rendite per i privilegiati mentre non è conforme all'economia di mercato di concorrenza fomenta l'ambientalismo irrazionale e aiuta coloro che erroneamente sostengono che economia di mercato e crescita del Pil sono incompatibili con la tutela dell'ambiente.
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