Ma chi l'ha detto che noi adulti dobbiamo «spiegare» il coronavirus ai bimbi? I più piccoli, questa storia del covid-19, l'anno capita benissimo. E sono loro che potrebbero benissimo «spiegarla» a noi adulti. Ovviamente non da un punto di vista tecnico (su questo fronte i grandi sono imbattibili nel fare un gran casino), ma sotto il profilo dell'atteggiamento mentale. Nel Veneto «terrorizzato dal morbo», una maestra elementare ha chiesto ai suoi alunni di «disegnare il virus». Un'ottima idea per «esorcizzare la paura». La maestra pensava che si sarebbe trovata dinanzi alla rappresentazione di quella che gli psichiatri dell'età infantile definiscono la «traslazione segnica del vissuto». Tradotto: raffigurare su un foglio di carta un'esperienza «traumatica» della propria vita. E cosa viene fuori dall'«esperimento» proposto dall'insegnante della «zona rossa» alla sua scolaresca? Quattro i risultati salienti: 1) i bambini non sono affatto scioccati dal «emergenza virus»; 2) i bambini vedono il covid-19 come un «eroe cattivo» destinato ad essere sconfitto dall'«eroe buono»; 3) i bambini, anche dinanzi alle situazioni critiche, mostrano un atteggiamento ottimista; 4) i bambini hanno un senso dell'ironia superiore a quello dei loro genitori. Mentre infatti mamma e papà girano come viti spanate attorno a comportamenti folli (contrabbando di mascherine, acquisto dell'Amuchina dagli strozzini e assalto ai supermercati...), gli alunni veneti offrono una prova di maturità e leggerezza disegnando il coronavirus come un triste esercito di microbi contrapposto a una sorridente comunità di bambini che gli urla in faccia: «L'unione fa la FORZA»; e poi, ribadendo il concetto: «Attacchiamolo e sconfiggiamolo tutti insieme!!!!».
In un altro disegno il virus è immaginato come una «cosa» tonda e sotterranea che si cela sotto le nostre abitazioni, contrapposta alla
luminosità di un sole che brilla in cielo. In corrispondenza della «cosa» il baby artista ha scritto «No», vicino al sole brilla invece un «Sì».I piccoli hanno scelto da che parte stare. Un buon esempio per i grandi «signor no».
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