È aumentata la povertà, nonostante gli aiuti del governo. Ed è aumentata anche tra coloro che un lavoro ce l'hanno. Secondo l'Istat le misure messe in campo nell'ultimo anno hanno attutito l'impatto della crisi e contenuto le diseguaglianze sociali, ma il Covid ha mandato in fumo 735mila posti di lavoro che ancora non sono stati recuperati.
L'Istituto rileva che il reddito di cittadinanza e di emergenza, oltre che la Cig, «hanno contribuito a sostenere i redditi delle famiglie, pesantemente condizionati dalla crisi economica, riducendo la diseguaglianza». Grazie agli interventi il rischio di povertà dei disoccupati grazie ai sussidi si è ridotto di 6,9 punti percentuali, di 3,5 punti per gli inattivi e di 2,6 punti per i lavoratori autonomi. Ma la fotografia è comunque impietosa: «Si contano oltre 2 milioni di famiglie in povertà, con un'incidenza passata dal 6,4 del 2019 al 7,7%, e oltre 5,6 milioni di individui, in crescita dal 7,7 al 9,4% - ha spiegato in audizione alla commissione Lavoro della Camera, il presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo - E nel 2020 è aumentata la povertà fra coloro che posseggono un lavoro». A livello nazionale, infatti, cresce sul 2019 anche la povertà per le famiglie con una persona occupata (l'incidenza passa dal 5,5 al 7,3%) sia dipendente che autonoma; e fra i lavoratori in proprio passa dal 5,2 al 7,6%.
È nel ricco e produttivo Nord che la pandemia ha scavato un solco pesante: se l'incidenza di povertà resta più alta nel Mezzogiorno «è nel Nord che si osserva la crescita più marcata, sia per le famiglie (dal 5,8 del 2019 al 7,6%) sia per gli individui (dal 6,8 al 9,3%)». I segni delle ferite del 2020 sono ben visibili oggi nelle statistiche del reddito di cittadinanza di giugno, dove il centro-nord del Paese segna il maggiore incremento dei percettori del sussidio che nel resto d'Italia: l'aumento è del 4% nel Nord (579mila) e Centro (419mila) rispetto a maggio, mentre nel Sud e Isole è del 2%. In tutto i nuclei percettori di Reddito di cittadinanza e pensione di Cittadinanza sono 1,3 milioni di nuclei per 3 milioni di persone coinvolte.
L'occupazione arranca: nonostante un mini-recupero negli ultimi mesi sono ancora 735mila i posti di lavoro che mancano rispetto ai livelli pre-Covid (-3,2%). Penalizzati sono soprattutto donne e giovani, i cui tassi di occupazione scendono più della media.
«Il numero di occupati - ha aggiunto ieri Blangiardo - ha subito la prima decisa contrazione nei mesi di marzo e aprile 2020, per poi mantenersi stabile nei due mesi successivi e mostrare segnali di recupero tra luglio e agosto; da settembre, tuttavia, è tornato a diminuire, raggiungendo un minimo a gennaio 2021 (-916mila occupati rispetto a febbraio 2020)». È stato verticale anche il crollo dei consumi delle famiglie, con una riduzione «di dimensioni mai registrate dal dopoguerra».
Ma la ripresa c'è e ieri il Fondo monetario internazionale ha ulteriormente alzato le stime sulla crescita dell'Italia per l'anno in corso e per il prossimo, dello 0,7% che segna un +4,9% nel 2021 e dello 0,6% per un +4,2% nel 2022. Un ritmo superiore a quello della Germania.
Resta invariata al 6% la stima di crescita dell'attività globale nel 2021, ma con una cautela: «Se emergessero nuove varianti molto contagiose, la ripresa potrebbe deragliare e questo potrebbe pesare sul Pil globale per 4.500 miliardi di dollari entro il 2025».
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