Delinquenti e terroristi stretti in un'unica alleanza criminale. Farabutti e jihadisti pronti a scambiarsi i ruoli - in barba alle regole dell'Islam- pur di colpirci nel nome del Califfato. Sembra una nuova versione de L'Odio di Kassovitz, ma non è un film. Vent'anni fa L'Odio raccontava la vita delle banlieue francesi e dei casseurs, i teppisti delle periferie urbane francesi cresciuti tra rapine, spaccio e un'insanabile avversione per il resto del mondo. Oggi figli e successori di quei casseurs sono il vivaio in cui le cellule europee dello Stato Islamico attingono per reclutare militanti e finanziarsi attraverso scippi, rapine e spaccio di narcotici. Lo sconvolgente ed inedito profilo di un Califfato legato a doppio filo alla criminalità comune europea emerge dalle indagini condotte in Francia e in Belgio per far luce sulla rete di fiancheggiatori e finanziatori di Abdelhamid Abaaoud e degli altri responsabili delle stragi parigine del 13 novembre. Stragi a cui contribuiscono i militanti spediti in Siria grazie ai bottini di una banda di rapinatori e spacciatori guidata da un marocchino 42enne uscito proprio dalla generazione dei casseurs. Ma il fenomeno non è solo francese o belga. A Colonia, in Germania, si sta celebrando il processo a otto sospetti terroristi accusati di aver derubato chiese, scuole e negozi per pagare le trasferte dei propri correligionari decisi a combattere al fianco dei ribelli jihadisti in Siria. La prima evidenza di una sovrapposizione tra piccola criminalità e terrorismo emerge sin dalle prime indagini sulla stragi di Parigi. Abaaoud, prima di trasformarsi in un volontario jihadista in Siria e un capo cellula a Parigi, è solo un teppistello di periferia. Il padre, un emigrato marocchino, lo butta fuori di casa non appena scopre che il figlio, all'epoca appena sedicenne, ruba, spaccia e si droga. Attività a cui Abaaoud non rinuncia neppure dopo il passaggio all'Islam radicale e il ritorno, nel 2013, dal primo viaggio in Siria. Grazie alle stesse attività Abaaoud finanzia nel 2014 anche quel secondo viaggio al fronte in cui si tira dietro persino il fratellino di 13 anni.La storia di Salah Abdeslam, l'unico fuggitivo del commando del 13 novembre, e di Brahim, il fratello kamikaze, non è molto diversa. I due fratelli assassini sono gli ex gestori di un bar di Bruxelles chiuso ad agosto per spaccio di droga. Ma quella è solo la punta dell'iceberg. Scavando nei contatti di Salah e Abaaoud gli inquirenti scoprono l'inattesa attività di una gang guidata da Khalid Zerkani, un capobanda marocchino conosciuto con il soprannome di Babbo Natale negli ambienti criminali di Molenbeek, la piccola roccaforte jihadista a due chilometri dal centro di Bruxelles. Secondo le indagini quel Babbo Natale tutto particolare, sbattuto in galera nel febbraio 2014, destina da sempre una parte del denaro raccolto da spacciatori rapinatori e scippatori per finanziare i viaggi di chi, radicalizzatosi in carcere, decide di abbandonare la banlieue e raggiungere i fronti siriani. Ma se il processo di radicalizzazione successivo all'incontro dietro le sbarre con i veterani della jihad è un processo già noto l'autentica novità è il proseguimento delle attività criminali nonostante la conversione. Mentre Al Qaida, fedele ai divieti imposti dal Corano, imponeva ai propri adepti di abbandonare qualsiasi attività illecita lo Stato Islamico favorisce la persistenza di cellule criminali di seconda linea strutturate per finanziare chi opera sulla primissima linea del terrore.
Una struttura terribilmente insidiosa perché - a differenza di quanto avveniva con Al Qaida - consente al Califfato di non finanziare le attività delle proprie cellule e di nasconderle nel piccolo sottobosco criminale. Garantendosi al momento dell'azione la disponibilità di armi, denaro e volontari facilmente sacrificabili.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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