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La crisi (finanziaria) dei partiti: da inizio legislatura entrate in calo del 61%

Uno studio di Openpolis ha analizzato i bilanci dei partiti. Dopo la riforma del finanziamento pubblico e privato i partiti sono sempre più marginali, mentre cresce l'importanza dei gruppi parlamentari, dei singoli candidati e delle fondazioni. Con tutti i rischi di trasparenza connessi

La crisi (finanziaria) dei partiti: da inizio legislatura entrate in calo del 61%

I partiti italiani sono in crisi. Questa volta non parliamo di sondaggi sulla loro credibilità o le intenzioni di voto. Il problema sono i soldi. Come evidenzia uno studio di Openpolis da inizio legislatura si registra un calo del 61% delle entrate, passate da 88,61 milioni di euro nel 2013 ai 34,71 del 2016. Al contempo si stanno esaurendo i rimborsi elettorali e il sistema del 2x1000 e delle donzioni private non è mai decollato.

Il problema non è di scarsa rilevanza. La domanda, infatti, sorge spontanea: senza soldi come fanno i partiti (e quindi la politica) a campare? Usciti dalla porta i soldi rientrano, per così dire, dalla finestra. Alla crisi (oggettiva) dei partiti, infatti, corrisponde l'emergere di altri soggetti: gruppi parlamentari, fondazioni (think tank), liste elettorali e singoli candidati. Il problema è di trasparenza. Non sempre, infatti, questi soggetti sono sottoposti agli obblighi previsti per i partiti. Con tutte le conseguenze (e i rischi) del caso. Tra i think tank, infatti, solo il 10,75% pubblica il proprio bilancio, mentre tra i parlamentari solo il 40,45% (nel 2013) ha dichiarato contributi o spese elettorali.

Il sistema di finanziamento dei partiti di recente è stato riformato due volte, tra il 2012 e il 2014, con i governi Monti e Letta. In particolare quest'ultimo ha sostituito i rimborsi elettorali (prima automatici e commisurati ai voti presi) con il 2x1000, legato alla scelta-volontà dei contribuenti, con la loro firma sulle dichiarazioni dei redditi. Ma con questo meccanismo si è interrotto il flusso di denaro diretto, con la conseguenza che i partiti sono rimasti a secco (pochissimi italiani si sono presi la briga di firmare a favore di questa o quella forza politica).

Il decreto Letta aveva previsto un incentivo fiscale per chi faceva donazioni, con una detrazione del 26% su quanto elargito. Ma, anche in questo caso, i partiti hanno incassato molto meno del previsto. In pratica non riescono a incassare denaro, eccezion fatta dei versamenti girati dai propri eletti. Per molte delle forze politiche italiane le donazioni degli eletti ammontano a oltre l'80% dei contributi di persone fisiche.

Il tema che emerge forte è questo: se i soldi che alimentano la politica non passano quasi più dai partiti (che infatti ne ricevono sempre meno), chi è che li intercetta? Come accennavamo prima soprattutto think tank e singoli candidati. Nel nuovo sistema politico i partiti, dunque, sono sempre meno centrali. Determinanti i gruppi parlamentari e le organizzazioni "snelle", tipo associazioni e fondazioni, contigue a singole personalità politiche. "Si tratta di un processo - osserva Openpolis - che dovrà essere monitorato, con il grande limite che oggi, a differenza dei partiti, questi soggetti non sono sottoposti obblighi di trasparenza ulteriori".

Strano Paese l'Italia. La democrazia viene esercitata attraverso il ruolo indispensabile dei partiti. Ma come questi facciano a campare è un problema di cui continuiamo a non volerci occupare. Prevale l'ipocrisia. E con regole poco chiare i rischi di inquinamento sono fortissimi. Qualcuno pensa: se ne occuperà la magistratura. L'ha già fatto e lo sta facendo. Il problema, però, è che certi aspetti dovrebbero essere studiati e risolti fuori dalle aule del tribunale.

Nell'interesse di tutti.

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