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"Critiche russe a Draghi". Così le carte degli 007 "svelano" solo l’ovvio"

Nel report del Dis nulla di eclatante: cinque italiani attenzionati per le posizioni filo Zar

"Critiche russe a Draghi". Così le carte degli 007 "svelano" solo l’ovvio"


Dossieraggio no, ma lettura con gli occhiali sì. Con nomi e cognomi dell'ala filorussa del giornalismo italiano. E poi attenzione spasmodica per le mosse del Cremlino e per la macchina della propaganda putiniana. Il Dis un po' fa il suo mestiere e un po' inscatola l'ovvio. Chiudendolo sottovuoto in documenti oggi declassificati.


Così veniamo a sapere che anche la spilla con l'emblema della Nato sfoggiata da Mario Draghi sarebbe la prova delle sue segrete aspirazioni: il premier punterebbe dritto alla poltrona di segretario della Nato al posto dell'uscente Stoltenberg, prossimo governatore della Banca centrale della Norvegia. Siamo ai limiti del ridicolo, naturalmente, ma questo è il menu proposto dagli 007 del Dis: per la disinformazione russa lo stemma dimostra il cinismo di Draghi che sarebbe disposto a mettere a repentaglio la sicurezza dell'Italia pur di raggiungere l'obiettivo e il Dis naturalmente sottolinea le manovre degli avversari.


Siamo davvero su un crinale sottile, perché basta stare seduti in salotto, davanti al telecomando, per avere più o meno le stesse informazioni, ma questo passa il convento che spia gli agit prop al servizio di Mosca.
«A partire dalla seconda metà di aprile - si legge nel dossier tricolore - le narrative diffuse dalla propaganda russa hanno registrato critiche all'operato del Presidente del consiglio Mario Draghi ritenuto responsabile, con la linea d'azione adottata dal suo governo, dell'aumento dei prezzi dei generi alimentari ed energetici, della chiusura di numerose aziende, nonché di aver colpito il popolo italiano con misure sanitarie inutili e di trascinare il Paese in guerra».


Insomma, i nostri 007 hanno scoperto che la Russia ce l'ha con Roma e non si spiega il cambio di passo rispetto al passato per Super Mario.
Il Dis osserva che gli account che fanno la ola a Putin soffiano sulle divisioni: di qua i tedeschi, tendenzialmente buoni, perché non vogliono perdere il gas russo, di là un Draghi a stelle e strisce, «allineato alle decisioni americane e disinteressato alle sorti del suo popolo».
Ci sono poi cinque italiani sotto osservazione, ma non attenzionati secondo la prosa faticosa del dipartimento che coordina i nostri Servizi, nel testo ora disponibile sulle interferenze e le ombre russe: Alberto Fazolo, economista e giornalista, più volte ospite di programmi nazionali, che ha denunciato l'uccisione di alcuni giornalisti in territorio ucraino; Francesca Donato, l'eurodeputata uscita dalla Lega che Russia Today ha lodato per aver votato contro l'invio di armi in Russia; Giorgio Bianchi, freelance presente in Ucraina ma dalla parte di Mosca; Francesca Totolo, blogger sempre schierata contro l'Ucraina e infine Rosangela Mattei, nipote di Enrico Mattei, di cui viene ripresa un'intervista ammirata dagli influencer di Mosca.


Ma c'è di più: di delirio in delirio, di complotto in complotto, si scava, o meglio si ricama, anche sulla morte di Mattei, precipitato col suo aereo a Bascapè il 27 ottobre 1962. Un mistero italiano in piena regola, oggetto di infinite ricostruzioni e dietrologie e libri e film, memorabile quello di Rosi.
È incredibile, ma tutto questo non bastava: così gli spot moscoviti intravedono lo zampino maligno della Nato nella caduta del velivolo e il Dis annota con tenacia. In ogni caso, «il Cremlino starebbe provvedendo al reclutamento dei principali esponenti dell'intellighenzia per creare consenso nella popolazione russa». Un altro dettaglio che francamente non è sfuggito all'opinione pubblica, perché i commentatori russi ripetono sempre, in tutte le trasmissioni, la stessa colonna sonora. La campagna acquisti passa attraverso i canali Telegram «o altri social dotati di un rilevante seguito». Ma sulle modalità del controllo Gabrielli insiste: nessun giornalista o politico è oggetto di investigazione o monitoraggio.


Ci si limita a mettere in fila le pietre e le pietruzze dello scandalo: l'intervista del ministro degli Esteri russo Lavrov a Zona Bianca e poi, zigzagando qua e là, il Primato Nazionale di Francesca Totolo e il canale Giubbe rosse, «noto per la matrice ideologica euroasiatica», pane quotidiano degli articoli di Giorgio Bianchi. Francamente sconosciuto a tutti gli altri.

O quasi.

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