Magistratura

Il Csm affronta le toghe rosse ed è scontro sulle nomine

L'Anm attacca i vertici in visita a Milano e accusa: sulla procura di Firenze avete obbedito alla politica

Il Csm affronta le toghe rosse ed è scontro sulle nomine

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Non è stata nè cordiale né benaugurante, l'accoglienza che ieri i vertici del Csm hanno avuto nel fortino rosso milanese dell'Associazione nazionale magistrati. Arrivati in visita pastorale a ascoltare le solite richieste di assunzioni e a fare le solite promesse, il vicepresidente Fabio Pinelli e cinque consiglieri si sono visti attaccare frontalmente dal sindacato delle toghe. Nel mirino, apertamente, viene messa la nomina più delicata varata nei giorni scorsi dal Consiglio superiore della magistratura, quella che - ribaltando previsioni e accordi di corrente - ha portato a nominare Filippo Spiezia a procuratore della Repubblica di Firenze. «Non ci si deve fare carico di una classe politica in cerca di rassicurazioni», attacca il portavoce dell'Anm milanese. Il messaggio è netto e pesante: nominando Spiezia, il Csm avrebbe dato retta alle pressioni dei politici. Giova ricordare che a aspettarsi un cambio di rotta a Firenze erano tanto Italia viva che Forza Italia, assai critiche verso le gestione delle indagini su Matteo Renzi e Silvio Berlusconi.

Di fatto, a risultare indigesto all'Anm è il nuovo corso del Consiglio superiore, dove la maggioranza di centrodestra ha dato prova, con la nomina di Spiezia, di non voler scendere a patti con la sinistra. Se questa è la logica, pensano dentro l'Anm, la procura di Firenze è solo l'inizio. In ballo ci sono altre nomine eccellenti, come la scelta del nuovo procuratore di Napoli, dove la battaglia intorno al nome di Nicola Gratteri si annuncia più aspra di quanto apparso finora. Così la sezione milanese di Anm va all'attacco.

La parte del barricadiero tocca a Leonardo Lesti, un pm bravo e silenzioso, da poco assurto alla presidenza della sezione. Lesti è di Area, la corrente di sinistra, ma appare sommesso e un po' a disagio nel lanciare l'attacco. Però poi arriva la ovazione dei colleghi a confortarlo.

I saluti di rito, lo «spirito innovativo» eccetera. Poi l'affondo: «Abbiamo assistito con stupore alle divisioni creatasi nel consiglio, concretatesi nella mancata partecipazione di alcuni all'incontro di oggi». Il riferimento chiaro è a Francesca Abenavoli, eletta in Csm in quota ad Area, leader della battaglia contro le esternazioni di Giorgia Meloni, che ieri avrebbe dovuto essere a Milano. E che, sembra dire l'Anm, ha voluto rinunciare per rimarcare la sua distanza dai vertici del Consiglio superiore sulla nomina di Spiezia.

Il vicepresidente Pinelli assiste flemmatico all'intervento del presidente dell'Anm. Lesti accusa il Csm di avere valutato «in modo non omogeneo» il valore dei candidati, ricorda le pressioni della politica, dice che «il loro eco sembra cogliersi nella recente delibera (la nomina di Spiezia, ndr) che preoccupa se è il preludio di un modo nuovo di intendere i rapporti».

L'Anm sa di muoversi su un terreno minato, perché chiama in causa direttamente il ruolo del vicepresidente del Csm, l'uomo che di fatto rappresenta nel consiglio anche la volontà del Quirinale. Votando a favore di Spiezia, Fabio Pinelli ha deciso la sorte dello scontro che vedeva fino a quel momento il candidato moderato alla pari con quello della sinistra, il procuratore di Livorno Ettore Squillace Greco. Quella di Pinelli non è stata l'unica mossa decisiva: a Squillace è mancato anche il voto di Margherita Cassano, primo presidente della Cassazione e sua buona amica. Ma ieri è Pinelli a finire nel mirino dell'Anm. Poco conta che il giorno dopo averlo bocciato, il Csm abbia ricompensato Squillace Greco proponendolo all'unanimità per un posto meno operativo ma più prestigioso e sempre a Firenze, la carica di procuratore generale. Comunque il vento è cambiato, e all'Anm questo refolo di Levante non piace.

La risposta di Pinelli a Lesti però non si fa attendere, ed è altrettanto secca: fuori la politica dal Csm, «il Consiglio non deve farsi portatore di interessi politici di nessun tipo».

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