Csm, altri due autosospesi. E ora il rischio è la paralisi

Caos al plenum su Palamara, anche Morlini e Criscuoli lasciano: "Clima da caccia alle streghe"

Csm, altri due autosospesi. E ora il rischio è la paralisi

Magistrati che si rifiutano di rispondere ad altri magistrati. Membri del Consiglio superiore della magistratura che si sospendono preventivamente, prima ancora che il loro nome finisca sui giornali. Un Csm sull'orlo della paralisi. Sullo sfondo una categoria ormai in stato confusionale, che assiste alla discesa ai minimi storici del suo prestigio sociale. Un dramma che, al di là delle colpe dei singoli, si riversa sull'intera magistratura. «Se incrimino un politico per avere truccato una gara - mastica amaro un pm - la prossima volta quello mi risponde: ma scusi, i suoi capi come li nominano?».

A fare outing, rendendo noto spontaneamente di essere finiti nelle carte dell'inchiesta di Perugia su favori e corruzioni nella nomina dei capi degli uffici giudiziari, sono Gianluca Morlini e Paolo Criscuoli, membri del Csm rispettivamente per le correnti di Unicost e Magistratura indipendente. I loro nomi ronzavano già dal mattino, quando era iniziato a circolare il tam tam sul contenuto del cd-rom inviato al Csm dalla Procura di Perugia e immediatamente secretato. Criscuoli e Morlini non sono indagati, ma entrambi hanno partecipato agli incontri in cui secondo l'accusa avveniva la spartizione. Morlini, in particolare, era presente ad un incontro in cui tra i commensali c'era anche Luca Lotti, braccio destro di Matteo Renzi. Incontro, giura Morlini, avvenuto «casualmente ed in modo da me non programmato, ho raggiunto alcuni magistrati ad un dopo cena in cui, ad un certo punto e senza che io lo sapessi o lo potessi prevedere, è intervenuto l'onorevole Lotti».

Il problema è che dal presidente della Repubblica era arrivato, fin dalla serata di lunedì, un messaggio chiaro: chi è coinvolto si deve fare da parte, per il bene della magistratura. Così Morlini e Criscuoli non hanno avuto scelta e hanno annunciato la propria autosospensione dalla carica. Il secondo l'ha presa malissimo, e ha accompagnato la decisione con una dichiarazione che denuncia il clima da «caccia alle streghe» che regnerebbe ormai intorno al Csm. Ma ormai la crisi è fuori controllo, ed è facile prevedere che quelle di Morlini e Criscuoli non saranno le ultime teste a cadere.

A questo punto, però, è lo stesso Csm a rischiare il blocco: dei sedici magistrati eletti un anno fa quattro si sono già dovuti dimettere o autosospendere, se dovessero aggiungersene altri due o tre mancherebbe il quorum per andare avanti con i lavori. E già adesso a non poter lavorare sono le commissioni, a partire da quella che dovrebbe occuparsi di dichiarare incompatibili con il loro ruolo Luca Palamara, l'ex segretario dell'Anm accusato di corruzione, e l'ex consigliere Luigi Spina (anche lui indagato, ieri ha rifiutato di rispondere alle domande della Procura di Perugia). I due sono attualmente pm a Roma e Castrovillari. Ma la commissione non può riunirsi fino a quando non verranno rimpiazzati Spina e Criscuoli, che ne facevano parte anch'essi. Un cul de sac, insomma.

Ad essere imploso è l'intero sistema di autogoverno della giustizia italiana. Eppure, asserragliati all'interno del Csm, durante il plenum straordinario conclusosi con un documento approvato all'unanimità, sembra che i magistrati non se ne rendano conto.

Ieri Giuseppe Cascini, consigliere della corrente di Area (sinistra) ammette che in questa storia emergono «individualismo, smania di potere, intolleranza alle regole». Ma poi dice che a essere in corso è «un attacco al sistema che viene dall'esterno, da centri di potere occulti che operano fuori dell'istituzione». È sempre colpa di qualcun altro.

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