La prudenza dice di aspettare che lo studio annunciato a Londra, ma non ancora pubblicato, venga reso fruibile da tutti per poterne valutare numeri e validità scientifica. Tuttavia, la notizia sul farmaco-anti-Covid da 6 euro permette di sfogliare indietro alcune pagine del grande libro del virus in Italia e di scoprire chein realtà qualcuno aveva già suggerito al ministero della Salute di puntare su questa terapia. Senza però ottenere risposta.
Come forse saprete ieri l’Università di Oxford ha annunciato di aver realizzato una ricerca su 2mila pazienti gravemente malati dopo l’infezione da coronavirus e trattati con il desametasone, un antinfiammatorio steroideo cugino del cortisone e del cortisolo. Stando ai dati, pare che il farmaco abbia ridotto fino a un terzo il rischio di morte dei pazienti. Il tutto grazie ad una spesa di circa 6 euro a confezione. Una grossa speranza, molto economica.
Ora, la “scoperta” londinese non è proprio un “eureka” di quelli da premio Nobel. Nel senso che molti avevano già intuito che il cortisone potesse essere estremamente utile. Nella forma più grave e spesso letale del Covid-19, infatti, un ruolo fondamentale lo gioca il processo infiammatorio e la sua esasperazione, la cosiddetta tempesta di citochine. In pratica il virus arriva, sedimenta qualche giorno, poi scatena nell’organismo una reazione infiammatoria tale da provocare polmoniti drammatiche e, a volte, la morte. Come aveva rivelato ilGiornale.it, qualcuno si era accorto della bontà del cortisone almeno due mesi fa. Roberta Ricciardi, responsabile del Percorso Miastenia dell'Ospedale Cisanello di Pisa, e Piero Sestili, professore ordinario di Farmacologia a Urbino, insieme ad altri 50 colleghi firmatari avevano addirittura inviato una lettera a Roberto Speranza per invitarlo a cambiare strategia nella lotta al virus. Invece di puntare alle terapie intensive, scrivevano, meglio affidarsi al “caro vecchio” cortisone. La cosa incredibile è che il loro "protocollo" prevedeva proprio l'uso del desametasone, ovvero il farmaco studiato a Londra. La lettera, spedita il 24 aprile, venne consegnata anche a due parlamentari di maggioranza e al viceministro Pierpaolo Sileri. Ma il ministero non rispose mai all’appello. Va detto che anche l’Oms sul tema si è sempre mostrata scettica e nelle prime fasi il cortisone era addirittura sconsigliato. Il timore si annidava, e si annida, nell’effetto immunosoppressivo del farmaco: se il virus è attivo, somministrare un medicinale che riduce le difese immunitarie potrebbe apparire un controsenso. "Si tratta di un problema secondario, perché la terapia in questo caso va seguita solo per pochi giorni e non c'è quasi tempo per produrre una consistente immunosoppressione - ci spiegavano Sestili e Ricciardi - Il beneficio nel bloccare la risposta infiammatoria anomala, invece, arriva praticamente subito. E il gioco vale la candela". Il problema è che ad oggi i vertici della sanità nazionale non hanno ancora dato indicazioni precise in merito: “Per ora il cortisone non è vietato, ma nemmeno caldeggiato - diceva Sestili - Direi che è solo tollerato. Eppure molti medici lo stanno utilizzando con effetti positivi". Un esempio su tutti. Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova, oggi lo dice chiaramente: “Ci eravamo accorti dell'importanza del cortisone e del remdesevir nelle fasi precoci della malattia. Ci avevamo visto lungo".Dopo le notizie arrivate da
Londra, i firmatari del protocollo inviato a Speranza naturalmente festeggiano. : “Che soddisfazione! - ci scrive Ricciardi - È quello che dico a tutti da febbraio”. Solo che qualcuno non sembra aver ascoltato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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