Mentre prosegue l'audit interno a Leonardo, in Fincantieri arriva la prima conseguenza dell'affare colombiano che coinvolge Massimo D'Alema. L'ad di Fincantieri Giuseppe Bono ha ritirato le deleghe operative a Giuseppe Giordo, direttore della divisione Navi militari, che era anche in corsa per diventare amministratore delegato. Cioè l'uomo che avrebbe interloquito con D'Alema per la possibile vendita alla Colombia di sommergibili e corvette. Una mossa, quella della «sospensione» de facto dall'incarico, con cui evidentemente Fincantieri scarica sul dirigente l'intera responsabilità di una trattativa considerata portata avanti in autonomia tramite l'ex premier. Eppure, come accaduto per Leonardo, il dialogo tra Fincantieri. D'Alema e il suo team, era andato avanti a tal punto che Giordo il 27 gennaio era a Bogotà a firmare un memorandum of understanding supervisionato dall'avvocato segnalato dall'ex premier per l'operazione, Umberto Bonavita dello studio Robert Allen Law di Miami. Nonostante le molte incognite, di certo c'è che D'Alema non aveva alcun mandato ufficiale a negoziare per conto delle aziende. E che da mesi, da prima che si inserisse nel business, sia Fincantieri che Leonardo avevano già un tavolo aperto con le istituzioni colombiane. Addirittura Leonardo aveva pure un intermediario ufficiale in Colombia, la società Aviatek, con cui aveva un contratto per la vendita degli aerei. Ma poi arrivano D'Alema e alcuni suoi uomini di fiducia. L'affare del resto è cospicuo. Si parla navi e aerei militari per complessivi - stando alle offerte preliminari - 4 miliardi di euro. 80 milioni sarebbero stati il premio delle possibili mediazioni, il 2 per cento del business. Serviva però un mandato ufficiale da parte delle società, c'era bisogno che sottoscrivessero un contratto, come spiega lo stesso ex premier nella telefonata registrata a sua insaputa con un interlocutore colombiano. E il soggetto individuato era lo studio di Miami, Robert Allen Law, specializzato nella vendita di yacht. Non esattamente il profilo di un intermediario di aziende di Stato che trattano tecnologia militare. E proprio lo studio che D'Alema aveva negato, in un'intervista che poi ha lui stesso smentito in una successiva, fosse stato proposto da lui, ma dai colombiani. Studio che invece conosceva bene il suo uomo di fiducia Gherardo Gardo, commercialista bolognese e suo braccio destro anche in questa operazione. Allen secondo i piani, avrebbe poi dovuto sottoscrivere un contratto con i mediatori colombiani: «Divideremo tutto», diceva al telefono l'ex premier. Ma i contratti sollecitati da D'Alema tardavano ad arrivare, e questo avrebbe creato problemi nelle interlocuzioni con le istituzioni della Colombia. D'Alema però rassicurava: «Gli amministratori dichiareranno la collaborazione tra le società e Allen. I contratti sono in arrivo». E con condizioni «straordinarie», rivendicava nella telefonata rubata. Cioè il 2 per cento del business senza un cap, un tetto massimo. Con Leonardo sembrava davvero cosa fatta.
L'azienda - nonostante avesse già un intermediario ufficiale, «un problema che risolveremo», lo definiva in chat D'Alema - aveva predisposto una bozza di contratto per lo studio Robert Allen proprio con quelle condizioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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