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D'Alimonte: "Ecco perché questa legge elettorale non va bene"

Il "Rosatellum", la legge elettorale con cui gli italiani sono chiamati a eleggere il nuovo Parlamento, presenta molti difetti. Ne abbiamo parlato con il professor Roberto D'Alimonte, docente di Sistema politico italiano alla Luiss di Roma

D'Alimonte: "Ecco perché questa legge elettorale non va bene"

Professor Roberto D'Alimonte, dal 1948 al 1992 gli italiani hanno votato sempre nello stesso modo, col sistema proporzionale. Con l’avvento della Seconda Repubblica e sulla spinta dei referendum per il maggioritario, è stato un susseguirsi di riforme. Cosa è mancato, a suo avviso, a tutte queste leggi elettorali per funzionare come si deve?

"Sono mancati partiti forti, la cultura della stabilità e del rispetto delle regole. Siamo una democrazia fragile e i sistemi elettorali non sono bacchette magiche".

Quando si discuteva del maggioritario secco in Italia qualcuno affermava che una legge elettorale deve conformarsi alle caratteristiche socio-politiche di un Paese e che l’Italia, avendo una forte tradizione ideologica, non era adatta a un sistema semplificato come quello inglese. Qual è il suo giudizio?

"Il maggioritario secco non va bene. Meglio il maggioritario a due turni se si vuole restare nell’ambito di sistemi basati sui collegi uninominali. Il secondo turno facilita la scelta di candidati meno estremi e abitua gli elettori a ragionare in termini di seconde preferenze".

A suo avviso la legge elettorale per l’elezione dei sindaci, ormai in vigore da quasi trent’anni, potrebbe essere allargata anche alle Politiche?

"Secondo me sì. Non condivido le obiezioni di chi paventa una deriva autoritaria solo perché si dà agli elettori la possibilità di scegliere direttamente il governo. Con la legge Ciaffi abbiamo stabilizzato finalmente il governo dei comuni rendendo i sindaci responsabili di quello che fanno. Senza stabilità non c’è responsabilità e la qualità della democrazia ne risente. Lo stesso risultato abbiamo ottenuto a livello di regioni. Manca il governo nazionale".

Veniamo al sistema elettorale con cui voteremo, il cosiddetto Rosatellum. Combinato al taglio del numero dei parlamentari secondo alcuni produrrà dei “disastri”, in termini di rappresentanza e di possibili rischi democratici (per la forte maggioranza di centrodestra che potrebbe avere i numeri per cambiare, da sola, la Costituzione). Eppure, chi oggi afferma questa tesi, ha approvato tale riforma. Cosa ne pensa?

"Non credo proprio che il centro-destra avrà una maggioranza dei due terzi. Potrebbe avere una solida maggioranza e questo è proprio il motivo per cui si usano sistemi maggioritari o con una componente maggioritaria, per creare una delle condizioni di una maggiore stabilità dei nostri governi".

Alla fine il vecchio e tanto bistrattato proporzionale non sarebbe stato meglio?

"Dal mio punto di vista no. Io preferisco sistemi elettorali che spingono i partiti ad allearsi prima del voto e che sono in grado di trasformare una maggioranza relativa di voti in maggioranza assoluta di seggi. Aggiungo due considerazioni. La prima è che nei comuni e nelle regioni abbiamo sistemi proporzionali ma con premio di maggioranza. La seconda è che non sono affatto convinto che i nostri politici vogliano introdurre un proporzionale con una clausola di sbarramento alla tedesca, cioè il 5%. Solo una clausola del genere potrebbe contenere la frammentazione che è una delle patologie del nostro sistema partitico".

Pluricandidature, mancanza delle preferenze, listini bloccati… qual è, a suo avviso, la cosa peggiore di questo sistema elettorale?

"Le pluricandidature sono uno scandalo. Sul voto di preferenza ho dei dubbi. Sono stato sempre contrario ma visto lo stato dei nostri partiti e il clima di sfiducia dilagante, oggi forse è il male minore. L’altro difetto è l’assenza del voto disgiunto. Il fatto che l’elettore non possa scindere il voto per il candidato nel collegio uninominale da quello al partito limita la sua libertà e l’efficacia del collegio".

Posto che una legge elettorale è frutto di un confronto di idee, un progetto e una mediazione fra le forze politiche, se un giorno dovessero chiedere a lei, come tecnico, di proporre un sistema ad hoc per l’Italia, su quale si orienterebbe?

"Io resto convinto che l’Italicum, nella sua prima versione, sia un ottimo sistema elettorale che consentiva agli elettori di decidere chi dovesse governare senza dover modificare la forma di governo. Ma come ho detto rispondendo alla domanda sui sindaci, non sono contrario a un cambiamento della forma di governo per cercare di dare stabilità ai nostri esecutivi. In questo caso il modello del sindaco o una variante del modello francese sono le due opzioni su cui ragionare.

Il modello Usa invece secondo me non è adatto al nostro Paese".

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