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Dalle macerie risorto dopo 9 giorni il cane Romeo

Il golden retriever trovato durante le operazioni di recupero. I pompieri: «Da pelle d'oca»

Dalle macerie risorto dopo 9 giorni il cane Romeo

da Amatrice (Rieti)

Sotto due piani di magazzino, un corridoio, una pila di mattoni, tegole, una trave, calce e polvere che stritolano un giubbino rosa, qui sotto, a due metri di profondità, Romeo ha saputo aspettare. Uno spazio appena sufficiente per girarsi muso e coda, per accucciarsi, rialzarsi. Accucciarsi ancora, dormire e aspettare. Per nove giorni e nove notti, gli stessi movimenti in un metro quadrato come un rosario sotto la cenere.

Su quelle macerie erano passati alcune volte gli scarponi dei vigili del fuoco, ma la gomma contro i frammenti cigola come sulla ghiaia. Nessuno aveva sentito il guaito che arrivava da quel pozzo infilato in una casa di cui rimane una porta di legno chiusa sul vuoto. Santi Lorenzo e Flaviano, dove il 10 agosto si era festeggiata la notte delle stelle cadenti, è la quarta delle piccole frazioni di Amatrice travolte dal terremoto risalendo la via Salaria.

I vigili del fuoco delle squadre di Roma Tuscolano, Latina e Rovigo 1 devono svolgere un'operazione di recupero di oggetti. Cercano foto, bambole, scarpe in quegli scheletri di stanze. «In casa troverete un cane morto», avverte il padrone di Romeo. Le macerie frizzano sotto un sole che asseta anche chi può bere. A un certo punto, un suono diverso, un richiamo in quel viaggio dai contorni opachi di fata Morgana. «Un cane che abbaia in lontananza».

All'inizio pensano tutti che si tratti di qualche cane che gira per le frazioni, ospiti delle tendopoli ma sempre a caccia dei loro paesi. Nemmeno il padrone riconosce quel modo particolare di pretendere attenzione. Romeo ha dodici anni, non ha l'energia di un cane giovane. Eppure. La squadra di Roma si accorge che quel filo di suono arriva dal basso. «C'è un cane!», lanciano l'allerta. Tutti i gruppi convergono all'unisono. «Ho ancora la pelle d'oca», esita Stefano, pompiere dai tratti mediterranei e garbati. Qualcosa di vivo che grida tra le macerie, che grida a modo suo, perché è un cane, e perché è molto stanco, ha passato nove giorni e nove notti in una tomba. Le squadre iniziano a scavare, Stefano davanti. Il cane continua a chiamare. Finalmente lo vedono. Manto marrone chiaro, lo toccano con una mano, si muove. Lo sollevano alla luce come un bambino, pelo pulito, un golden retriever di un colore che al sole di mezzogiorno sembra un'ambra. Romeo di tutto ringraziamento si fa mettere a terra, si guarda intorno, scende un pezzetto di quella slavina che era la sua casa, e fa la pipì. Poi va dal padrone e gli solleva come può le zampe addosso. Beve un secchio d'acqua e il resto sono cose fra loro. Romeo che sa aspettare, la forza è solo quella. «Non so come sia stato possibile, bisogna parlare con qualcuno lassù».

Stefano indica il cielo e gli occhi brillano: «Ma non sono io, è tutta la squadra, le mani erano le mie, ma Romeo l'abbiamo salvato tutti».

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