Cronache

Dall'indolente Bart al giornalista-eroe Siani

Un attore delicato e ironico, capace di entrare nei personaggi facendoli suoi.

Dall'indolente Bart al giornalista-eroe Siani

Roma. Libero, di nome e di fatto. Basta ripensare ai titoli dei film che in poco più vent'anni di carriera ha interpretato Libero De Rienzo, «Picchio» per gli amici, morto a Roma all'età di 44 anni per un infarto, e scoprire così una ricercata libertà nello scegliere sempre personaggi un po' ai margini della società, non riconciliati oppure in lotta contro le ingiustizie. A partire da uno dei primi film che è diventato di culto per più di una generazione, Santa Maradona del 2001 dell'esordiente Marco Ponti, in cui interpretava l'indolente, attacabrighe e polemico Bart, dal nome, evocativo d'anarchia, Bartolomeo Vanzetti, critico letterario sui generis con le recensioni che gli scriveva un cugino, contraltare un po' folle di un più ambizioso Stefano Accorsi, allora all'apice del successo. Ma già qui le sue doti attoriali, innate e spontanee, furono fortunatamente riconosciute, tanto che arrivò subito il premio David di Donatello come migliore attore non protagonista.

Erano anni in cui sembrava che, per il giovane cinema italiano e non solo, tutto fosse ancora possibile e che per attori come Libero De Rienzo le occasioni non sarebbero mai mancate. È andata un po' diversamente, lo sappiamo.

Nato a Napoli nel 1977, si trasferisce a Roma da piccolissimo, avvicinandosi al cinema grazie al padre, aiuto regista, a quattro anni, quando si trova su un set di Citto Maselli. Gli inizi un po' per caso, a diciannove anni, nella pubblicità degli spaghetti Barilla che gli fruttano - ricordava - «una barca di soldi» mentre il vero esordio, nel 1998, avviene in un film televisivo, per Rai 2, diretto da Elisabetta Lodoli, Più leggero non basta, accanto a Giovanna Mezzogiorno e Stefano Accorsi.

Viene subito notato da Pupi Avati che lo dirige l'anno dopo in La via degli angeli, mentre contemporaneamente è un giovane prete in Asini di Antonello Grimaldi sempre con Giovanna Mezzogiorno.

Dopo il successo di Santa Maradona, nel 2004 torna a lavorare con il regista Marco Ponti in A/R Andata+Ritorno non senza prima essere apparso in Benzina di Monica Stambrini e addirittura, visto che non spiccicava una parola della lingua, in un film in francese, A mia sorella! di Catherine Breillat. L'anno dopo il grande salto con l'esordio alla regia in Sangue - La morte non esiste, un film particolarmente ricercato dal punto di vista formale, incentrato sul racconto - la sceneggiatura è sempre sua - del rapporto particolare tra un fratello (interpretato da Elio Germano) e una sorella (Emanuela Barilozzi).

Nel 2009 arriva uno dei ruoli più significativi e importanti della carriera: è il giornalista del Mattino Giancarlo Siani ucciso dalla camorra nel 1985 in Fortapàsc di Marco Risi. La particolare delicatezza dell'attore disegna un personaggio fortemente impegnato sul piano morale e civile ma soprattutto profondamente umano. Forse è anche da questa caratteristica che si giudica un grande attore ma è sicuramente per questo che, sui social, decine di suoi colleghi e amici hanno lasciato ieri parole mai di circostanza ma di amore vero.

Nel 2011 recita nel «fantastico» La kryptonite nella borsa di Ivan Cotroneo e nel toccante Miele di Valeria Golino sul tema dell'eutanasia mentre nel 2014 è tra i protagonisti della saga di Smetto quando voglio, la commedia diretta da Sydney Sibilia, sulla vicenda di una banda di giovani laureati che si improvvisano spacciatori, che ha dato vita a due sequel, Smetto quando voglio - Master-class e Smetto quando voglio - Ad honorem.

Anche nel cinema cosiddetto commerciale la sua presenza è calibrata e sempre in accordo con la sua idea di cinema «attraverso cui - teorizzava - si possono far passare messaggi di tutti i tipi, io non voglio recitare in un progetto che serve a imbambolare il pubblico o a dire cose che non condivido». Da qui parte anche l'avventura nel 2015 della creazione di un festival di cinema, Arthetica, sull'isola di Procida, dove i genitori lo concepirono, per ridare una vita culturale all'ex carcere di massima sicurezza Torre Murata.

Cinema e società, arte e vita, mai disgiunti.

Questo è stato Libero De Rienzo che vedremo in futuro, per l'ultima volta, in Una relazione di Stefano Sardo e in Takeaway di Renzo Carbonera.

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