È la fotografia peggiore dal secondo Dopoguerra. Ed è quello che resta di un anno di pandemia: 126 miliardi di euro bruciati dal crollo verticale dei consumi che nel 2020 ha toccato l'11,7%. Confcommercio mette nero su bianco i numeri, e avverte che non reggono «alcun confronto con quanto osservato negli anni per cui si dispone di serie storiche omogenee e confrontabili». La crisi innescata dall'emergenza sanitaria ha travolto il Paese - con 240mila imprese che hanno chiuso a causa della pandemia -, i lockdown hanno soffocato i consumi e l'effetto a catena è stato devastante. Non uguale su tutto il territorio. Se la riduzione della spesa procapite media è stata di oltre 2mila euro rispetto al 2019 - con le lancette dei consumi tornate al 1995 - l'impatto più forte l'ha subìto il ricco e produttivo Nord, dove la spesa è in alcuni casi il doppio di quella delle regioni meridionali. Friuli Venezia Giulia, Veneto e Valle d'Aosta hanno segnato le maggiori perdite di consumi, con punte del 15%. Il Sud ha registrato invece numeri «lievemente» meno negativi, spiega l'Ufficio Studi: Basilicata, Puglia e Abruzzo hanno «contenuto» le perdite con cali inferiori al 9%.
Ma, da Barcellona, il premier Mario Draghi manda segnali di fiducia. «Gli sforzi vaccinali ci hanno inoltre permesso di riaprire le nostre economie - ha detto dopo l'incontro con il presidente iberico Sanchez - C'è un ritorno alla crescita. Secondo le previsioni della Commissione europea, quest'anno il pil dell'Ue crescerà del 4,2%. In Italia e in Spagna, si prevede un aumento rispettivamente del 4,2% e del 5,9%. Queste previsioni potrebbero essere riviste al rialzo, con il ritorno della fiducia fra le imprese e le famiglie». «Il nostro obiettivo minimo deve essere quello di riportare l'attività economica almeno in linea con la traiettoria precedente alla pandemia - ha spiegato il presidente del Consiglio - Tuttavia, secondo le previsioni attuali, non sarà possibile raggiungere tale obiettivo senza ulteriori sforzi. Dobbiamo quindi agire rapidamente ed efficacemente. L'obiettivo ideale sarebbe quello di superare la crescita pre-pandemia».
Il buco più pesante arriva però dalla voce di spesa dei turisti stranieri, che nel 2019 valeva il 4% del Pil. L'intero comparto è finito in ginocchio, e quello del turismo straniero ha avuto un crollo della spesa di 27 miliardi, pari al -60,4%. Colpito soprattutto il centro nord, che ha visto bruciare 23 miliardi, e le città d'arte per un anno rimaste deserte. I danni peggiori li ha registrati il Lazio, che con un -75,2% ha fatto i conti con un turismo dall'estero praticamente azzerato. E ora che la ripresa è ormai avviata, la strada resta comunque in salita, avverte Confcommercio. Le previsioni sono «caute», perché l'atteso «rimbalzo dell'anno in corso permetterà di recuperare solo una frazione esigua di quanto perso nel 2020». Senza contare, spiega il presidente dell'associazione Carlo Sangalli, che «sono ancora moltissime le imprese chiuse e per alcune, come le discoteche, non è ancora prevista una data per la riapertura. Certo, sappiamo che gli interventi pubblici dovranno ridursi, si proceda, però in modo graduale e selettivo, affrontando e risolvendo, tra l'altro, il nodo di una moratoria lunga del debito fiscale da Covid». I consumi mostrano segnali di ripresa - sono cresciuti del 14,2% a maggio, consolidando il recupero del Pil (+2,9 a giugno) - ma sulle previsioni per il 2021 che parlano di una crescita del 3,8%, pesano ancora «le incognite sulla ripartenza del turismo internazionale - avverte l'Ufficio studi - con la conseguenza che, in valore assoluto, la spesa pro capite, mediamente, non riuscirà a recuperare nemmeno un terzo di quanto perso durante la pandemia».
Ancora più faticoso, prevede Confcommercio, sarà per il Mezzogiorno, «area nella quale la domanda per consumi è stimata crescere del 3,2%». Il Lazio invece sembra per ora la regione più reattiva finora, con un incremento su base annua del 14,2%. La «sfida», dice Sangalli, sta tutta nel Pnrr che «deve risolvere i nodi strutturali di lungo periodo e rilanciare un processo di crescita in affanno da almeno un ventennio».
Serve uno «sforzo collettivo» e, rivolgendosi al ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, un «confronto più continuo e strutturato con le parti sociali». Che ha concordato: «Le sorti del Paese sono legate a come saremo capaci di implementare il Pnrr».
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