Dopo l'evidente fallimento dell'incontro di Bruxelles tra i rappresentanti di Unione Europea, Stati Uniti e Giappone, provvede Donald Trump in persona a gettare altra benzina sul fuoco della crisi dei dazi che lui stesso ha innescato.
Il presidente americano lo ha fatto ieri intervenendo presso Pittsburgh in Pennsylvania a sostegno di un candidato repubblicano nelle elezioni suppletive. Durante il comizio, Trump ha dato fondo senza risparmio alla sua verve oratoria, rivolgendosi a un pubblico di operai dell'industria siderurgica che ha promesso di difendere dai pericoli della globalizzazione.
Nel mirino della retorica di Trump, che in questi giorni si sta però dimostrando tutt'altro che parolaia, c'era proprio la vecchia Europa, e in particolare la sua industria dell'auto. «Tasseremo la Mercedes Benz, tasseremo la Bmw - ha gridato alla folla esultante -. Tanti di voi arrivano dai Paesi europei, il che è buono, ma l'Ue che sembra così innocua ma non lo è ci uccide sul commercio e deve invece aprire le sue dogane e abolire i suoi dazi».
Trump non ha mancato di prendersela con i suoi predecessori con il solito linguaggio aggressivo destinato a far breccia in un uditorio popolare. «Con l'Unione Europea siamo sotto di cento miliardi di dollari sul commercio perché abbiamo avuto politici stupidi», poi ha preso le difese delle sue politiche protezionistiche: «Stiamo tutelando l'acciaio e molte acciaierie stanno aprendo. Non piace a tutti i miei amici di Wall Street, ma a noi sì. Molti impianti hanno annunciato negli ultimi giorni che stanno aprendo. L'acciaio è tornato! E l'alluminio è tornato!».
Insomma, chi in Europa e in Giappone sperava in un atteggiamento più collaborativo e disposto al compromesso da parte di Trump sulla questione dei dazi è andato deluso, e dovrà quantomeno aspettare l'esito delle suppletive in Pennsylvania... poi si vedrà. Nel frattempo, il presidente americano riserva i suoi strali polemici alla Cina, che ha appena confermato l'intenzione di continuare i negoziati con Washington «per evitare una pericolosa guerra commerciale». Trump ha risposto chiedendo perentoriamente a Pechino di importare dagli Stati Uniti più auto, aerei e servizi finanziari così da ridurre il deficit di 100 miliardi di dollari. Nel 2017 la differenza negli ordinativi americani dalla Cina rispetto a quelli cinesi dagli Stati Uniti è stata di 375 miliardi di dollari a favore di Pechino.
Il tutto all'insegna dello slogan per le presidenziali del 2020 che ha anticipato ieri al comizio di Pittsburgh: «Keep America Great», ovvero «Mantieni grande l'America», degno seguito dell'attuale «Make America great again». Il vecchio Don guarda al futuro.
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