Luciano Fontana, da oggi nuovo direttore del Corriere della Sera , era ormai così atteso, che la sua nomina ha fatto ieri meno notizia delle parole vergate dal direttore uscente, Ferruccio De Bortoli, nel suo «Rendiconto», un articolo di commiato scritto irritualmente non in prima, ma a pagina 35. Non tanto per i toni antipatizzanti rivolti ai suoi ormai ex «troppi e litigiosi azionisti», quelli che in fin dei conti lo hanno cacciato; ma quanto per quelle sei-sette righe in cui De Bortoli demolisce - a sei mesi dall'editoriale in cui gli dava del massone - il presidente del Consiglio: «Del giovane caudillo Renzi che dire? Un maleducato di talento» che «disprezza le istituzioni e mal sopporta le critiche». Fino alla stangata finale: «Personalmente mi auguro che Mattarella non firmi l'Italicum. Una legge sbagliata». Parole che vanno oltre la non condivisione di un metodo politico, arrivando fino a consigliare a un presidente della Repubblica di restituire al mittente una legge elettorale approvata dal Parlamento: un atto di alta conflittualità istituzionale. Al punto che già si pensa a cosa De Bortoli potrebbe mettere in piedi se intendesse, proprio a partire da questo «Rendiconto», continuare a partecipare al dibattito politico nel Paese, posto che con Rcs ha ora un patto di non concorrenza di un anno.
Di certo per Renzi via Solferino resta un terreno pesante. Non è Fontana, indicato dallo stesso De Bortoli, il «suo» direttore. Né lo sarebbe stato Mario Orfeo. E infatti nel rush finale Palazzo Chigi non ha appoggiato nessuno dei due. Avrebbe voluto un ricambio generazionale «alla Cerasa» (circolava qualche altro nome), ma non è stato ascoltato. La scelta interna di Fontana è senz'altro una decisione condivisa dai grandi soci come Fiat, Della Valle, Mediobanca, Intesa-Bazoli e Tronchetti-Pirelli che hanno infine appoggiato la linea della continuità. Anche se, va detto, il gruppo Fiat (primo socio con il 16,8%), avrebbe inizialmente preferito il direttore della Stampa , Mario Calabresi. Salvo poi convergere sul metodo anglosassone della designazione programmata del proprio successore. Il cda di Rcs, dopo aver indicato e al vertice del quotidiano l'attuale condirettore Fontana - ciociaro, classe 1959, una carriera fatta all' Unità fino al 1997 poi all'ufficio centrale del Corriere - ha poi costituito i quattro comitati: strategico, nomine, controllo e rischi, remunerazione. E nelle righe delle dichiarazioni del neo presidente Maurizio Costa e dell'ad, Pietro Scott Jovane, si possono capire alcune indicazioni sul futuro della nuova direzione e del Corriere .
Costa, infatti, sottolinea una cosa: «Sono stati costituiti i comitati, tra i quali è di particolare rilevanza quello strategico» (composto oltre da Costa, Jovane, Paolo Colonna e Tom Mockridge), perché «pone il tema delle strategie di sviluppo del gruppo al centro delle attività del consiglio». Un passaggio che, oltre a sottolineare il ruolo attivo della nuova presidenza, mette chiaramente il nuovo cda al centro delle strategie, come a preparare il campo a una revisione del piano industriale. Per quanto poi riguarda Jovane, l'ad ha dichiarato che Fontana è stato scelto «affidandogli un mandato chiaro quanto alla rilevanza della sostenibilità economica del sistema Corriere ». Una sostenibilità economica che, par di capire, non è o non è scontata e diventa tema rilevante anche per il direttore. Il cui mandato, quindi, non solo sarà pieno, ma è allargato anche a questa «sostenibilità economica», concetto ancora più alto di quello del controllo dei costi. Ma c'è dell'altro: «il suo modo di interpretare i valori del Corriere - dice Jovane - così come la sua capacità di innovare insieme ad una squadra forte, faranno di Luciano Fontana un'eccellente guida». Scopriamo allora che Fontana avrà una «squadra forte» con cui «innovare». Riferimento che non è sfuggito agli attenti interpreti del «solferinese» come un possibile accenno al rinnovo del team dei vicedirettori che, di norma, a ogni cambio di direzione decade insieme con l'ex direttore.
di Marcello Zacch é
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