Ha sempre sognato in grande Giuseppe Statuto: da palazzinaro a re del mattone, fino alle scalate bancarie e allo sbarco del mondo degli alberghi di lusso. Così fa un certo effetto la notizia che a spedirlo agli arresti domiciliari sia il crac di una società di modeste dimensioni, un tassello marginale dell'inestricabile labirinto di sigle su cui si regge il suo sfavillante, malcerto impero. Ma l'inchiesta della Guardia di finanza sulla bancarotta della Brera srl ha portato a galla, secondo la Procura di Roma, colpe ben più cospicue: l'ordinanza di custodia parla di una «condotta, assolutamente non occasionale o sporadica, ma programmata e protratta nel tempo, sin dalla costituzione della società che era verosimilmente già destinata al default». Insieme a Statuto, finisce ai «domiciliari» il suo collaboratore Massimo Negrini; «Appare evidente - scrive il giudice - la spregiudicatezza della condotta degli indagati finalizzata alla creazione di società a mero scopo speculativo, le quali sono state sistematicamente ed in maniera preordinata portate al fallimento». Dalle casse della Brera sarebbero spariti otto milioni di euro, approdati in Lussemburgo, uno dei paradisi preferiti da Statuto.
Che - tredici anni dopo l'assalto alla Banca Nazionale del Lavoro insieme ai suoi «compagni di merende» Stefano Ricucci e Danilo Coppola - il costruttore casertano potesse passare nuovi guai lo si temeva da tempo, man mano che le fondamenta del suo impero davano segni di scricchiolamento. Nel suo forziere, nel corso di questi anni Statuto era riuscito a fare approdare alcuni degli alberghi più prestigiosi del turismo italiano: il «Danieli» di Venezia, il «Four Seasons» e il «Mandarin» di Milano, il «San Domenico» di Taormina. Come ci fosse riuscito non si capiva perfettamente, essendo le catene finanziarie delle società controllate e controllanti incomprensibili anche a un analista esperto. In apparenza, tutto andava a gonfie vele: nelle hall scintillanti e nelle suite da migliaia di euro a notte sfilavano turisti russi e arabi, i conti brillavano secondo le aspettative. Ma piccoli segnali, nell'ultimo periodo, avevano suscitato timidi allarmi: come quando era partita un'istanza di fallimento nei confronti della Danieli Property, la società di Statuto che nel 2005 aveva comprato l'albergo veneziano.
Per salvarla erano arrivati da Londra i quattrini di un fondo, il Children Investment Fund, assai vicino allo stesso Statuto, che in qualche modo si era ricomprato il debito. E intanto raccontava in giro di essere pronto a costruire altri due hotel di lusso a Milano. Ma ormai la barca faceva acqua.
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