
Giro di vite sui requisiti per ottenere la cittadinanza iure sanguinis. Con il voto di ieri nell'aula di Montecitorio (137 favorevoli e 83 contrari) diventa legge il dl Cittadinanza (con primo firmatario il vicepremier Antonio Tajani che limita fortemente la possibilità di ottenere la cittadinanza per i cosiddetti «oriundi» di terza o quarta generazione. Ora non sarà più possibile ricorrere alla scusa di un avo lontanissimo per ottenere il diritto di essere italiani. La nuova disposizione normativa infatti limita la possibilità soltanto a chi ha un genitore o un nonno cittadini italiani. In buona sostanza un avo diretto. Inoltre viene riaperta (per un biennio) la possibilità di ottenere indietro la cittadinanza italiana per tutti coloro che vivendo all'estero negli anni Novanta hanno dovuto scegliere allora tra due cittadinanze per i Paesi in cui ponevano la incompatibilità.
«Questa deve essere una parte di una riforma complessiva sulla cittadinanza», avverte l'azzurro Paolo Emilio Russo, relatore del testo. Adesso, con questo decreto si apre una pagina, secondo i relatori, «più giusta e ordinata e vicina alla realtà di oggi, è una riforma che pone fine agli abusi e riduce i tempi e semplifica le procedure, restituisce dignità e appartenenza a migliaia di italiani». Va anche ricordato che il sistema dello ius sanguinis senza limiti ha consentito a persone nate e vissute lontano dall'Italia, senza conoscere la lingua né avere alcun legame con il nostro tessuto sociale, di acquisire un passaporto solo grazie a un avo vissuto magari nel 1865. D'altronde sono state sono state accertate anche vere e proprie truffe accertate da ripetute inchieste della magistratura.
Soltanto nel 2023 le richieste di cittadinanza per discendenza sono state 190mila mentre quelle in seguito a residenza soltanto 77mila, quelle per matrimonio 22mila e quelle perché il richiedente è figlio di un genitore divenuto italiano 59mila. L'Italia è il paese più generoso d'Europa a concedere cittadinanze, ma lo fa con le persone sbagliate. Cioè a gente che vive a centinaia di migliaia di chilometri e che non ha nessun rapporto con noi. Il che ha impedito evidentemente di mettere mano seriamente le norme sulla cittadinanza e dare una specie di vantaggio alle seconde generazioni, cioè i bambini che nascono e crescono in Italia e vanno a scuola.
Nel corso del dibattito sono stati portati gli esempi i più vari per dimostrare che nelle pieghe di questo decreto ci sono crepe clamorose. «Con queste norme nemmeno papa Prevost potrebbe chiedere la cittadinanza - rimarca Filiberto Zaratti di Alleanza Verdi e Sinistra - un suo ascendente di secondo grado aveva la cittadinanza italiana ma non suo padre, cittadino americano». Mentre Piero Fassino, nel suo intervento, si appella addirittura alla memoria di Mirko Tremaglia. Idea che non è piaciuta al nipote del «padre» della legge che ha introdotto le circoscrizioni elettorali all'estero. Un nipote presente in aula, visto che Andrea Tremaglia è deputato di Fratelli d'Italia. «Trovo curioso il tentativo di aggiungere al pantheon della sinistra un sottotenente della Repubblica sociale italiana, mai pentito di questa sua scelta, che è stato per decine di anni attaccato, vilipeso, offeso, minacciato di morte anche da esponenti della sinistra che oggi siede in Parlamento.
Una bocciatura senza appello della norma da parte delle opposizioni.
E Maria Elena Boschi (Iv) attacca direttamente Tajani e la decretazione d'urgenza e poi ricorda il prossimo appuntamento con le urne: «L'unica speranza per tanti giovani è riposta - dice - nel referendum sulla cittadinanza. Qui Tajani non solo non riconosce diritti ma addirittura li cancella per chi li ha in quanto discendente e con efficacia addirittura retroattiva, senza nemmeno una fase transitoria».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.