Continua la sfilata di esponenti del governo Renzi davanti ai pm potentini titolari dell'indagine sul petrolio in Basilicata. Dopo l'audizione del ministro Maria Elena Boschi all'alba dell'inchiesta, a inizio aprile, e quella del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti - «sottratto» al consiglio dei ministri per essere ascoltato dai pm due settimane fa - ieri è stato il turno del ministro dei Trasporti, Graziano Delrio.
Il titolare del Mit doveva chiarire come persona informata sui fatti ai magistrati lucani alcuni aspetti del cosiddetto «filone siciliano» dell'indagine sul petrolio. In particolare, dalle carte dell'inchiesta emergerebbero i tentativi del «quartierino» (il comitato d'affari del quale, secondo la procura, faceva parte anche l'ex compagno del ministro Federica Guidi, Gianluca Gemelli) di far pressione su Delrio grazie all'intermediazione del numero due di Confindustria, Ivan Lo Bello (indagato con Gemelli), per ottenere la conferma di Alberto Cozzo, in contatto con la cricca, a commissario straordinario dell'autorità portuale di Augusta, in Sicilia. Ossia il luogo dove Gemelli e i suoi sodali avrebbero avuto intenzione di ottenere dalla Marina, con l'intercessione dell'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, la concessione di un molo militare per fare del porto siciliano il proprio hub nel Mediterraneo, la base dalla quale spedire il petrolio estratto a Tempa Rossa.
Delrio è inoltre citato indirettamente nelle intercettazioni tra il burocrate Valter Pastena, consulente dell'ex ministro dello Sviluppo Economico Guidi, e il compagno di quest'ultima, Gemelli, con il primo che riferisce al secondo di essere in possesso di un «dossier» sul ministro che gli sarebbe stato passato da un amico carabiniere. Il dossier di cui parla Pastena sarebbe incentrato su foto che immortalerebbero Delrio, all'epoca sindaco di Reggio Emilia, con «i cutresi, quelli della 'ndrangheta». Il riferimento è all'inchiesta Aemilia, nella quale Delrio - non indagato - era stato sentito dalla Dda di Bologna per i suoi rapporti con la comunità calabrese originaria di Cutro ma trapiantata nella città amministrata dall'attuale ministro dei Trasporti. Un punto sul quale lo stesso Delrio ha presentato a inizio aprile un esposto in procura nella Capitale, chiedendo di «sapere la verità» sull'attività di dossieraggio ai suoi danni.
Per l'audizione di ieri sono arrivati da Potenza alla sede romana della Dna di via Giulia il capo della procura lucana Luigi Gay, il pm Laura Triassi, l'aggiunto Francesco Basentini, il pm della Dna Elisabetta Pugliese e il dirigente della mobile potentina Carlo Pagano. L'incontro con Delrio, arrivato in sella a una bici bianca, è durato poco più di un'ora e mezza. E il ministro, lasciando la sede dell'Antimafia nel pomeriggio, ha spiegato di aver «risposto a tutte le domande dei magistrati in merito alla vicenda, come già avevo fatto in passato».
Delrio avrebbe insomma negato con i pm di aver subito quelle pressioni da Lo Bello di cui si parla nelle intercettazioni. Dalle conversazioni tra gli indagati emergerebbe che in seguito all'intervento sul ministro del numero due di Confindustria Delrio, «avrebbe addirittura dato indicazioni al vice capo di gabinetto di strappare un decreto gia predisposto» per nominare a commissario portuale una persona diversa da Cozzo. Ma il ministro ha sempre negato. La sua versione per spiegare il «decreto n. 153» che confermata Cozzo a commissario è un'altra.
Delrio sostiene infatti che, essendo in corso la riforma complessiva dell'amministrazione delle autorità portuali, una volta nominato al vertice del Mit si era limitato a confermare in tutti i porti i commissari in carica, senza alcuna pressione esterna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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