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Derby in aula tra Tiziano e Travaglio Doppia causa contro il giornalista

Ieri è iniziato il primo procedimento intentato dal padre dell'ex premier contro il direttore del «Fatto Quotidiano». Presto il bis

Derby in aula tra Tiziano e Travaglio Doppia causa contro il giornalista

È il derby giudiziario dell'anno: Renzi versus Travaglio. Solo che non si tratta dell'ex premier, ma del padre Tiziano che dall'appartata Rignano sull'Arno è rimbalzato dentro le più intricate pagine della grandi inchieste. I giornali si sono scatenati, il Fatto quotidiano di Travaglio ha picchiato duro, Renzi padre ha portato il direttore in tribunale, a Firenze. Non una ma due volte. Per gli articoli e i commenti riguardanti l'inchiesta per bancarotta sulla Chill Post, la società di distribuzione dei giornali poi fallita; ancora per il capitolo Consip con le accuse, le suggestioni e i veleni circolati nelle scorse settimane. Per la cronaca la storia della Chill Post è finita in archivio e Renzi senior se l'è cavata senza un graffio; ora anche il secondo assalto sembra perdere forza. Il papà di Matteo è accusato di traffico di influenze, un reato peraltro molto ballerino. E si sospetta che il potente imprenditore napoletano Alfredo Romeo abbia puntato su di lui per stabilire un contatto con il palazzo e dunque con il rampollo. Matteo ha difeso il genitore, ma ha pure aggiunto: «Se è colpevole merita una pena doppia». Col risultato di innescare una controreplica feroce di Grillo: «Renzi ha rottamato il padre».

Ora, in un tourbillon di verbali, frasi smozzicate, incontri fantomatici fra i protagonisti della trama scoperchiata dalle Procure di Napoli e Roma, salta fuori che un ufficiale dei carabinieri avrebbe inguaiato il padre dell'ex segretario Pd pescando una frase di capitale importanza dai brogliacci, ma sbagliando l'attribuzione. Sarebbe stato Italo Bocchino, ex parlamentare, e non Romeo a pronunciare le fatidiche parole: «Renzi l'ultima volta che l'ho incontrato». Insomma, la prova del meeting Romeo-Renzi senior sarebbe il frutto di un errore o, peggio, di una manipolazione. L'ex capo del governo ha raccontato di aver chiamato papà e di aver ascoltato le sue lacrime al telefono.

Un groviglio di procedimenti, una giostra di schizzi di fango e ipotesi investigative.

Ieri al tribunale civile di Firenze va in scena la prima udienza del processo per l'altra storia, quella della Chill Post. Il padre dell'ex segretario Pd chiede 300mila euro di risarcimento, ma in aula non si lascia contagiare dal momento a lui favorevole. Ai cronisti che vorrebbero strappargli una battuta risponde low profile: «Non parlo». Per rafforzare quei monosillabi li accompagna con un secco «No» della testa. Un mese fa, nel pieno della bufera Consip, Tiziano si era autosospeso dalla segreteria del Pd di Rignano con tanto di messaggio su Whatsapp.

Troppo presto per parlare. Troppe incognite. Troppi colpi di scena. Forse Matteo gli ha consigliato prudenza. Cosi lui va avanti per la sua strada. A colpi di carta bollata. E attacca Travaglio, prima sulla Chill Post, poi per Consip, con un secondo procedimento che è ai blocchi di partenza. Questa volta le battute incriminate sono state dette da Travaglio nel corso di Otto e mezzo, nel salotto di Lilli Gruber. Al centro della querelle i pizzini recuperati dai pm di Napoli in discarica. Quel T, citato con l'iniziale, è Tiziano Renzi? «Potrebbe anche essere un cognome - fa sapere lui sarcastico - potrebbe essere Travaglio, potrebbe averla fatta lui». «Il problema - ribatte Travaglio - è che ci sono una decina di collaboratori di Renzi in questa inchiesta».

Il duello è solo agli inizi.

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