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Il derby Sorrentino-Moretti. Coppi & Bartali del cinema

Forse non vinceranno ma hanno già convinto. Positiva la spedizione italiana, che ha anche saputo unire le forze con intelligenza. Ma per lo sprint finale le "tifoserie" si dividono

Il derby Sorrentino-Moretti. Coppi & Bartali del cinema

Arrivati a più di tre quarti del Festival di Cannes, con ancora soltanto due film in concorso da vedere, per i tre moschettieri del cinema italiano, Matteo Garrone, Nanni Moretti e Paolo Sorrentino, le speranze inizialmente riposte assumono sempre più il volto della certezza. Ci sono sì singole presenze straniere in grado di contrastarli, l'americano Todd Haynes di Carol , l'ungherese László Nemes di Saul Fia , il giapponese Kore-Eda Hirokazu di Umimachi Diary , così come, a livello attoriale, singole eccezioni, Vincent Lindon, per dirne una maschile, la stessa Cate Blanchett sul versante femminile, ma l'impressione data dai magnifici tre è diversa: una macchina da guerra che marcia separata per colpire unita e da cui emana un senso di grandezza come da tempo non capitava.

Sarà anche un caso, come ha tenuto a sottolineare Nanni Moretti nella conferenza stampa di Mia madre e come ha convenuto Paolo Sorrentino in quella di Youth : non è una rinascita quella cui stiamo assistendo, ma tutt'al più il felice trovarsi sul set, più o meno in contemporanea, di tre intelligenze registiche con pochi punti in comune. Un caso, dunque, e diamolo per buono: però quando le coincidenze, meglio gli indizi, sono troppi, di tempo, appunto lo stesso, di cast, più internazionale rispetto al solito, di grandi temi - il corpo, la morte, il tempo - a metterli insieme esce qualcosa di diverso e di più strutturato su cui vale la pena riflettere.

Generazionalmente parlando, stiamo assistendo non tanto a un passaggio di consegne, ma a uno scambio fecondo, se si vuole una competizione dove è il talento l'elemento che fa la differenza, con buona pace di chi vorrebbe usare il discrimine anagrafico come fosse una clava. Non per nulla, al momento, la stampa internazionale dà per favorito il più vecchio, Moretti nel caso, un'altra generazione rispetto al duo Garrone-Sorrentino, di vent'anni più giovane.

L'altro elemento da considerare ha a che fare, come già accennato, con l'ambizione, meglio, la voglia di grandezza. Si potrà discutere su quanto e come le intenzioni si siano tramutate in realtà, lo abbiamo fatto anche noi, in modo critico, non in modo distruttivo, e non ci ritorneremo sopra, ma i nostri moschettieri hanno avuto il coraggio di osare. In un festival cinematografico dove si declinava in più salse il solito panorama che va dal thriller alla commedia sentimentale al dramma sociale, Garrone è andato a cercarsi un mondo metaforico e meraviglioso, l'eternità esistenziale del barocco, Moretti si è confrontato con la figura più emblematica che ci sia, la madre e il suo universo di valori e di riferimenti, Sorrentino con una riflessione sul tempo, questo conte Ugolino che sta sulle spalle di noi tutti intento giorno dopo giorno a rosicchiarci il cranio. È la prova provata che il destino dell'Italia è legato al suo sovradimensionarsi rispetto alla realtà, un Paese con un metabolismo da ricchi in un corpo da poveri... Se ci accontentiamo, deperiamo nella mediocrità, se ci esaltiamo, possiamo sì incorrere in disastri, ma nei momenti migliori, non c'è partita...

Il terzo, e ultimo, ha a che fare con il gusto tutto italiano delle fazioni, le guerre civili, i fratricidi... Anche qui, e senza stare a scomodare le dichiarazioni di stima reciproche, un classico in una nazione dove il pugnale è sempre stato nascosto in un guanto di velluto, l'impressione che i nostri tre moschettieri hanno offerto è di un altro genere e crediamo sincera. Si tratta di registi diversi fra loro, nemmeno legati da rapporti di amicizia e/o frequentazione, ma si capisce come a unirli corra un robusto filo di stima, a cui non fa un difetto un ego sanamente sovrasviluppato. Se proprio vogliamo dare un'impressione di rivalità, l'ennesima riproposizione, applicata al grande schermo, dei Fausto Coppi e dei Gino Bartali (con il Fiorenzo Magni di turno a fare da terzo incomodo), essa ha forse più a che fare con le produzioni che ai film stanno dietro, Rai Cinema per Moretti (e Garrone, più defilato nei pronostici), Medusa per Sorrentino, tanto per intenderci. È comunque una tifoseria più da addetti ai lavori che da fan e/o spettatori, più da tribuna centrale che da curva, consapevole che i suoi beniamini non hanno bisogno di combattersi, perché ognuno nel proprio campo ha già vinto.

Che Cannes lo confermi o no, a questo punto ha poca importanza.

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