
nostro inviato a Osaka
Può un robot innamorarsi, sognare, rispondere alle domande di un figlio che continua a interrogare un padre dopo la morte? Non ancora, ma forse succederà e in un futuro non poi così lontano. È questo il dilemma sospeso nell'aria (e nella mente) dopo il convegno organizzato all'Expo di Osaka dall'ambasciatore Mario Vattani che del Padiglione Italia è il vulcanico commissario e a cui hanno partecipato i professori Hiroshi Ishiguro, massimo esperto di androidi e il direttore dell'Istituto italiano di tecnologia Giorgio Metta. Con loro la ieratica figura del reverendo Soeda Ryusho, l'abate di Rengejoin Koyasan, venuto a portare il punto di vista del buddhismo, dello spirito o forse semplicemente dell'umano.
L'occasione è l'androide costruito da Ishiguro con le sembianze di Ito Mancio nel ritratto di Tintoretto portato all'Expo dal Gruppo Bracco che del Padiglione Italia è più mecenate che semplice Gold sponsor e che ha visto in questi giorni la presenza di Fulvio Renoldi Bracco, vice presidente e ceo di Bracco Imaging e Fabrizo Grillo, direttore Relazioni internazionali ("Il viaggio dall'Italia di questo Tintoretto ha consentito un dibattito scientifico e culturale che riguarda tutto il mondo, così come da sempre nello spirito di Bracco"). Un'accoppiata, il dipinto e l'androide che parla ai visitatori, diventata una delle maggiori attrazioni di quest'Expo, tanto che serve una coda di sei ore per entrare nel padiglione che si apre proprio con il volto del quattordicenne che insieme ad altri tre figli di samurai, nel Cinquecento navigò verso l'Italia per conoscere la cultura occidentale e rendere omaggio al Papa. Oggi a raccontare quella prima missione diplomatica partita dal Giappone, c'è l'androide che lo replica.
E Ishigura racconta che il Padiglione Future of life da lui curato, nasce dalla richiesta di un nipote alla nonna che sta per morire, di sopravvivere in un robot che ne conservi le sembianze e soprattutto la memoria. "È più etico accettare o rifiutare un invito così impegnativo di allungare la vita, quando proviene dagli altri?" si chiede Ishigura. Torna al Freud del 1920 Metta che ricorda "la tensione tra il desiderio di costruzione e quello di distruzione, eros e thanatos". Di qui l'Ito Mancio dipinto e robot che diventa creatività e desiderio di dare altra vita dopo la morte. Citando il filosofo Daniel Dennet che nel 1987 capiva che, per essere simile a un uomo, un robot ha bisogno di aver paura di morire, ma domandava se sia giusto creare una macchina con un tale terribile timore. A riportare tutti nell'essenza dell'umano, c'è l'abate Soeda Ryusho che chiede se un robot potrà sognare o innamorarsi e se la sua assoluta razionalità non ne faccia la cosa più lontana dall'essere umano. "Io racconta Vattani chiedo sempre consigli a mio padre; mi piacerebbe farlo anche quando un giorno non ci sarà più? E mi piacerebbe che quelle parole di cui sono così geloso, fossero ascoltate anche da altri?".
Strappa un sorriso (ma non troppo) Soeda Ryusho quando chiede se al termine della sua funzione, il robot della nonna o del papà vada smaltito come un elettrodomestico o in che modo conservato. Le risposte sono implicite. Almeno per ora: Expo di Osaka, annus Domini 2025.