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Diego, niente droga e alcol. Ma quadro clinico terrificante

L'autopsia rivela che Maradona soffriva di cinque gravi malattie. E l'agonia durò dalle sei alle otto ore

Diego, niente droga e alcol. Ma quadro clinico terrificante

«Tutti i figli di puttana aspettando che l'autopsia di mio padre abbia (sic) droghe, marijuana e alcol. Non sono un dottore e sembrava molto gonfio. La voce robotica. Non era la sua voce. Se ne stava andando ed io ero la PAZZA FUORI DI TESTA». Questo il tweet sgrammaticato ed illogico di Giannina Maradona, la figlia del Pibe de Oro, quando l'altroieri notte è stato diffuso in Argentina l'esito degli esami tossicologici, l'ultima parte dell'autopsia che mancava per capire come sia morto Diego. Niente coca né altre droghe dunque e, soprattutto, zero alcol, ma un'agonia infinita, atroce, dalle sei alle otto ore, senza nessuna assistenza. Un tweet sgrammaticato perché lo spagnolo della 31enne Giannina fa a pugni con i congiuntivi ma, soprattutto, illogico perché a firmare le dimissioni di suo padre dalla clinica Olivos, lo scorso 11 novembre, era stata proprio lei con Jana, l'altra figlia italiana riconosciuta da Diego. Inoltre Giannina e Jana, insieme a Dalma e a Diego Jr (che però causa Covid19 proprio nell'ultima settimana prima della morte di Maradona era ricoverato) dopo le dimissioni del padre si scambiavano informazioni con la psichiatra Agustina Cosachov ed il neurochirurgo Leopoldo Luque su una chat di Whatsapp. Da quelle conversazioni uscite sui media argentini si evince che la gestione medica di Maradona è stata, come minimo, carente. Dalma aveva centrato il problema sin dal 14 novembre, nove giorni prima della morte di Maradona: «Gli manca un medico di famiglia» che «coordini» le terapie. «Sono appena stata contattata da una persona che si occupa del ricovero domiciliare così si sfogava Dalma in chat mi ha detto che papà ha vomitato (ha mangiato gamberetti con aglio e broccoli) ma non vuole che un'ambulanza vada a vederlo. Mi ha detto che ha parlato con Agustina (la psichiatra Cosachov, nda) e lei le ha detto che era una decisione della famiglia! Ecco perché scrivo. Penso che ci sono decisioni che noi parenti non possiamo prendere. Per quello ci vorrebbe un medico di famiglia». Purtroppo il medico di famiglia storico che ha seguito Maradona per 33 anni, Alfredo Cahe, non solo non è stato coinvolto ma, quando si era recato alla clinica Olivos per vedere Maradona sabato 10 novembre, il giorno prima delle sue dimissioni, era stato addirittura bloccato al cancello d'entrata per non meglio specificati timori di contagio da Covid19».

Di sicuro né i figli, né Cosachov, né Luque hanno risolto il problema del «medico di famiglia» che si assumesse responsabilità che loro non volevano assumersi mentre, da ieri, i magistrati che indagano sulla morte per «omicidio colposo» hanno un elemento in più, il rapporto tossicologico e istopatologico, che mostra uno scenario clinico disastroso di Maradona.

Diego soffriva infatti di ben cinque patologie gravi: cirrosi, insufficienza renale cronica acuta, cardiomiopatia ischemica, coronaropatia aterosclerotica e malattia polmonare cronica con segni acuti compatibili con l'insufficienza cardiaca. Per ora al centro dell'attenzione dei magistrati, che hanno istituito una «Giunta Medica» per analizzare il caso, ci sono sempre Luque e Cosachov, che con Gianinna e Jana avevano autorizzato il trasferimento di Diego nella casa dove poi è morto.

E questo nonostante la Swiss Medical, l'assicurazione medica di Maradona, avesse negato «l'alta medica» (in italiano, «le dimissioni») raccomandando in caso di trasporto fuori dalla clinica di «continuare invece le cure psichiatriche, cliniche, riabilitative e tossicologiche secondo la modalità del ricovero in un centro di riabilitazione con un'équipe psichiatrica di supporto».

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