Difendere la bellezza vale una reprimenda

Difendere la bellezza vale una reprimenda

Ieri mattina ho ripensato con nostalgia alle fredde notti del febbraio 2006, quando una Torino che così bella non si era mai vista - festosa, illuminata, accogliente - ospitava le Olimpiadi invernali. Nessuno allora si preoccupava delle differenti amministrazioni politiche tra città e regione: l'occasione era vissuta come grande opportunità politica e occupazionale, ben pochi gli scettici più per naturale ritrosia piemontese che per convinzione.

E sempre ieri mattina, prima di leggere i giornali, ero davvero felice poiché mi è sembrato di rivivere un po' di quei momenti magici. Con la settimana dell'arte contemporanea, con Artissima e le tante iniziative pubbliche e private a latere, Torino è sembrata davvero meglio del solito: tanta gente in giro, affari che vanno bene, se non entusiasmo almeno un ritrovato ottimismo. Sono tornato a casa la sera tardi soffermandomi ancora una volta incantato sotto le Luci d'artista, che illuminano Torino da vent'anni. Davanti al Municipio l'installazione di Daniel Buren incanta, la collina che sovrasta il Po con l'alone blu di Rebecca Horn accanto ai Cappuccini.

Poi la brutta notizia: qualcuno ha vandalizzato e distrutto a sassate l'intervento luminoso dell'artista Vanessa Safavi che l'amministrazione cittadina ha deciso di collocare in un quartiere periferico e disagiato. Teppismo annunciato, tanto che il presidente della circoscrizione stessa ha dichiarato: «C'era da aspettarselo». Prima non era mai accaduto.

E allora mi sono infuriato. Infuriato contro chi deturpa la bellezza, chi sfoga i propri istinti contro un'opera d'arte pensata non per stare in un museo ma per rendere più gradevole l'arredo urbano. E ho scritto un violento post su facebook tutto di pancia, perché in certi casi la pancia viene prima dl cervello, prendendomela senza troppi giri di parole sia contro chi ha avuto la non felice intuizione di portare le Luci d'artista lì dove forse ci sarebbe bisogno di altri interventi, sia contro il quartiere stesso che non difende abbastanza la cultura, evidentemente non considerandola propria.

Ammetto che di parole sbagliate si tratta, dettate dall'impulso. Ma un atto vandalico è un reato contro la comunità intera e chi (tanti, troppi) lo liquidano come una bravata non sono da meno. Se i miei figli andassero in giro a imbrattare i palazzi, distruggere gli arredi cittadini, partecipare a manifestazioni violente verrebbero severamente puniti, perché su tutto si può sindacare tranne che sul rispetto.

La periferia di Torino la conosco, ci sono nato e vissuto per oltre vent'anni. Solo che nella mia periferia ai tempi c'erano 6 sale cinematografiche, biblioteche da cui nessuno rubava i libri, teatri, piccoli artigiani e negozi. Si viveva la vita di quartiere e il sabato si andava in centro con educazione. Oggi a qualcuno invece conviene cavalcare il disagio, la protesta fine a se stessa, seminare il pessimismo, affinché la gente si senta peggio di come sta. E tutto per un pugno di voti. Accusano me di essere un intellettuale salottiero, ma figuriamoci. Ovunque essa sia, la bellezza va difesa e protetta, che non è grave solo se i ladri ti rubano in casa o l'automobile ma anche se la tua città viene messa in pericolo e vandalizzata. Ed è amaro constatare che a nessuno sia venuto in mente di acciuffare i responsabili e almeno far pagare loro i danni.

Mi sarebbe piaciuto insomma che i turisti italiani e stranieri richiamati da Artissima trovassero una città rispettosa e armonica; invece ci siamo ripresentati con un pessimo

biglietto da visita, che certo fa più male a noi che ai forestieri. A costo di beccarmi reprimende per l'uscita inopportuna, io la bellezza, l'arte e la cultura continuerò a difenderla, da piccoli criminali e grandi superficiali.

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