Il discorso di Ratisbona voleva disarmare l'islam. Ma Benedetto fu isolato

Nel 2006, il Pontefice deprecò l'aggressività musulmana. Fu attaccato da tutti, inclusi molti dei suoi cardinali. Affrontò con coraggio intellettuale la completa solitudine

Il discorso di Ratisbona voleva disarmare l'islam. Ma Benedetto fu isolato

Vedremo mai più, nell'arco della nostra vita, un Papa intellettuale? Un Pontefice che scriva di proprio pugno libri importanti e discorsi coraggiosi? Un vicario di Cristo colto ma senza la superbia della cultura, un discendente di Pietro capace di conciliare fede e ragione? In un momento come questo sembrano tutte domande retoriche con un unica risposta possibile: no. Dalla Loggia delle Benedizioni un uomo del calibro di Joseph Ratzinger non si affaccerà più, viene spontaneo dirsi anche se così facendo rischiamo il peccato di accidia ossia lo scoraggiamento (gli atei parlerebbero di depressione) che ci chiude al bene e al futuro. Ma oggi va così, oggi è difficilissimo immaginare un altro Papa che pronunci qualcosa di simile al Discorso di Ratisbona. Ve lo ricordate? Correva l'anno di relativa grazia 2006 e nella città tedesca dove secoli prima si era tenuta la famosa Dieta, gli ultimi colloqui tra cattolici e luterani prima del Concilio di Trento, il Papa tedesco ebbe a pronunciare con la sua voce mite un discorso che incendiò il mondo. In verità non disse nulla di nuovo, si limitò a riesumare dall'oblio l'esortazione dell'imperatore bizantino Manuele II Paleologo a un interlocutore musulmano: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». Chiunque conosca anche solo un poco l'infelice storia del Mediterraneo e l'infelicissimo Corano avrebbe potuto considerare tale affermazione quasi un'ovvietà. Senza contare che veniva pronunciata in una città che più di altre testimoniava l'aggressività islamica (Ratisbona è il punto più occidentale mai raggiunto dai conquistatori ottomani, guerrieri che nel 1529 avanzarono in Austria e poi in Baviera non certo grazie all'arma della parola). Niente da fare, impossibile discutere. Il discorso di Ratzinger offese a morte i maomettani di mezzo mondo che si affrettarono a confermare quanto espresso dall'antico imperatore, dunque mettendo mano alla spada: diverse chiese furono incendiate e una suora venne assassinata (a Mogadiscio, si chiamava Leonella Sgorbati ed era partita da Piacenza per curare i bambini somali malati). Ma la cosa più impressionante fu la solitudine del Papa, che non venne difeso da nessuno dei cardinaloni sempre pronti al dialogo ecumenico, ovvero all'ecumenica calata di braghe. Non fu difeso dal cardinale Martini, ad esempio. In compenso fu scaricato da padre Thomas Michel, guarda caso gesuita come Martini: «Benedetto XVI a Ratisbona ha esposto il suo punto di vista personale». E meno male che i gesuiti fanno un voto speciale di obbedienza al Papa... Questo per dire il terribile isolamento che il capo della Chiesa ha dovuto subire proprio all'interno della Chiesa. Da intellettuale quale egli era poteva capitare che si trovasse maggiormente a suo agio con altri intellettuali, anche non di sacrestia: penso a Marcello Pera e penso ovviamente a Oriana Fallaci. Da intellettuale quale egli era ha scritto molti libri, il più importante dei quali è per me, cultore del rito, Introduzione allo spirito della liturgia. Quella combattuta sul campo liturgico è stata una delle numerose battaglie perse. Innanzitutto per colpa della diserzione di generali e truppe: chi subdolamente, chi addirittura esplicitamente, quasi tutti i vescovi osteggiarono il motu proprio che liberalizzava la messa in latino. L'intellettuale Ratzinger amava il latino e non solo per motivi intellettuali: l'uso dell'italiano e delle altre lingue nazionali è il risultato (parole sue) della «mania di render tutto facile e alla mano che, in fondo, riduce il tutto all'opera soltanto umana, e lo deruba dello specifico del Cristianesimo».

Non so quando e se vedremo ancora un Papa capace di definire il buddismo «un autoerotismo spirituale» e l'evoluzionismo una forma di fantascienza. Sembra impossibile ma disse proprio così e nemmeno troppo tempo fa, nel 2013: «Il grande Jacques Monod ha scritto delle frasi che egli stesso avrà inserito nella sua opera sicuramente solo come fantascienza. Cito: La comparsa dei Vertebrati tetrapodi trae proprio origine dal fatto che un pesce primitivo scelse di andare ad esplorare la terra...». In primis ci vorrebbe un Papa che sapesse dell'esistenza di Jacques Monod... Adesso i pastori devono avere l'odore delle pecore, cosa che potrebbe andare perfino bene se il clero alto e basso non finisse col somigliare alle pecore anche dal punto di vista culturale. Gli intellettuali non sono simpatici, lo sappiamo, e però se non si approfondiscono più i grandi classici e i testi sacri finiremo con l'appartenere totalmente al presente, al mondo e al suo nero principe. Basta andare a messa la domenica per ascoltare il conformismo ecclesiastico, il pronto adeguarsi alle idee correnti (ambientalismo, immigrazionismo...). Pier Paolo Pasolini veniva definito «intellettuale scomodo».

Sebbene con stile tanto diverso anche Joseph Ratzinger lo è stato, a Ratisbona, prima di Ratisbona, dopo Ratisbona, incompreso fuori dalla Chiesa e boicottato dentro una Chiesa pullulante di teologi, vescovi e cardinali che oggi fingono di piangerlo ma che a suo tempo gli fecero il vuoto intorno.

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