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Disinnescato il «piano Toti» E lui guarda ancora a Salvini

Il governatore spera nell'ok alle primarie aperte: ma non lascerà Fi. E punta alla Lega per essere rieletto

Roma È il momento della verità per Giovanni Toti, il redde rationem finale di un percorso che da mesi lo vede come coscienza critica di Forza Italia e ora potrebbe concludersi con un addio, immediato o graduale che sia. Un passaggio delicatissimo che arriva proprio nelle ore in cui Silvio Berlusconi prova a sparigliare mettendo in campo la proposta di creare un nuovo soggetto dei moderati, in grado di aggregare e chiamare a raccolta realtà finora non coinvolte nell'agone politico.

«Senza primarie le mie dimissioni sono sul tavolo. La farsa è durata troppo», dice nel corso di una diretta Facebook. «Ho accettato la carica di coordinatore per andare a elezioni primarie aperte, se questo non sarà possibile non intendo essere complice della disfatta di una storia gloriosa. Non sarò complice di chi non vuole cambiare niente. Ho accettato l'incarico perché faceva parte di un grande processo di cambiamento che doveva partire a giugno e concretizzarsi a ottobre. Tutto questo è diventato qualcosa di eversivo, di primarie non se ne può parlare».

Di certo oggi il governatore ligure, insieme a Mara Carfagna, Anna Maria Bernini, Mariastella Gelmini e Antonio Tajani si siederà al tavolo delle regole convocato alle 15 a Piazza San Lorenzo in Lucina. In quella sede metterà in chiaro che o si procederà a primarie aperte, oppure riterrà concluso il suo mandato.

La speranza, da quanto filtra dagli uomini vicini al governatore ligure, è che la Carfagna decida di essere davvero «protagonista di un cambiamento e non strumento della conservazione» e possa costituire un asse con Toti. «Se loro due si muovono di concerto il cambiamento è possibile» spiegano. «La proposta della Gelmini di primarie per eleggere un coordinatore organizzativo è naturalmente irricevibile» spiegano, e il progetto del'Altra Italia, ovvero la federazione dei moderati lanciata ieri da Silvio Berlusconi «non offre una prospettiva nuova senza la possibilità di rendere scalabile il partito». Toti non lascerebbe subito il partito, «meglio costruire da dentro». I totiani, però, si considerano di fatto fuori, pronti a stringere una alleanza di ferro con i sovranisti del centrodestra, ovvero con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. È chiaro che nel progetto di Toti è centrale la possibilità di creare un asse con il leader della Lega, un asse che consenta a Salvini di avere una sponda forte con i moderati e aggiudicarsi i voti di Forza Italia e al governatore ligure di correre per la riconferma come presidente della sua regione. Anche se qualcuno spera nella razionalità berlusconiana e in un recupero last minute di tutte le anime del partito.

Sullo sfondo ci sono anche altri mal di pancia che potrebbero emergere nelle prossime ore. Galeazzo Bignami, commissario regionale per l'Emilia Romagna, è sempre più sul piede di guerra. «Se il tentativo di Toti abortisse vorrebbe dire che dentro Forza Italia non c'è spazio per una battaglia di cambiamento» spiega. «Se dovesse alzare bandiera bianca non vedo risorse con cui procedere davvero in questa direzione».

FdF

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