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Quella ditta in disarmo tra ruggine e scatoloni vuoti

Uffici e magazzini sembrano abbandonati. C'è solo papà Vittorio, in furgone: leggete i bilanci

Quella ditta in disarmo tra ruggine e scatoloni vuoti

Fabrica di Roma (Vt) Checkpoint Dibba. Se a Roma c'è la sede legale, ospitata in uno studio di revisori, è qui, al 10 di via Madonna della Stradella, il cuore della ditta di famiglia targata Di Battista: una cancellata arrugginita, scatoloni vuoti accatastati, pallet destinati ad accendere il caminetto nelle gelide notti viterbesi.

Siamo a Fabrica di Roma, dieci chilometri a nord del distretto industriale di Civita Castellana, paese natale del grillino giramondo Alessandro Di Battista. Di fronte a una chiesetta che fa da spartitraffico ci sono gli uffici, i magazzini e il punto vendita della Di Bi Tec. Una palazzina a due piani «sgarrupata». Parcheggiato lì davanti il solo mezzo della piccola azienda, un furgonato bianco guidato da papà Vittorio. Sulla porta in alluminio anodizzato la riproduzione del cartello berlinese affisso al Checkpoint Charlie: «You Are Leaving The American Sector» tradotto in più lingue. «Siete de il Giornale? Allora andate a leggervi i bilanci», invita con fermezza papà Vittorio mettendoci in guardia: «Non siete autorizzati a fotografarmi». Al bar in piazza Municipio li conoscono i Di Battista, anche se sono forestieri. «Sono venuti qui da Civita perché da noi i locali costano meno», commentano alcuni avventori. Ma è a Civita Castellana, patria dei Di Battista da cinque generazioni, che la famiglia è sulla bocca di tutti. A cominciare dallo stimato nonno Fabio, professore di Scienze all'Istituto d'Arte nonché repubblichino della prima ora, al padre Vittorio, più volte espulso dall'aula comunale per le sue vivaci proteste contro le varie amministrazioni. «Teneva banco - commenta un politico di oggi - faceva opposizione sempre e comunque, anche quando governava il centrodestra». Una per tutte: l'attacco alla manifestazione della Cigl per il Primo maggio. Un imprenditore sfortunato, raccontano nella cittadina viterbese. «È stato anche consigliere comunale», dicono in piazza: «Con quale partito? Con l'Msi, che domanda». A quelli della politica Vittorio, alla fine, preferisce i panni dell'imprenditore. Prima la gestione di una piscina sulla via Flaminia, quando Alessandro non è ancora nato. Poi con alcuni soci Dibba senior apre un locale da ballo, il Tucano, in pieno centro storico. Una delle prime discoteche della provincia, ma il successo non arriva e tocca chiudere. Fondatore e presidente di una squadra calcio, la A.S. Civita Castellana, che arriva persino in terza categoria. «A fine anni '80 Vittorio sparisce per qualche tempo» ricordano in paese. Un personaggio stravagante che, con le sue performances fa trascorrere in allegria i pomeriggi d'estate in piazza Matteotti.

Quando Vittorio Sgarbi si candida come primo cittadino di Sutri, lui si presenta con un water. Ricompare ancora una volta in varie liste politiche, dall'Msi all'Idv. Dove ci sono delle elezioni papà Vittorio si candida: dalle amministrative alle politiche. A inizio 2000, poi, la nascita della società con, tra gli altri, il figlio Alessandro. Complementi e arredi per i bagni, come da tradizione locale. Civita Castellana, nonostante la profonda crisi del settore, è il solo polo nella ceramica e arredo bagno made in Italy. E i Dibba riescono pure ad accaparrarsi un brevetto, quello di un macchinario che trita e smaltisce le acque reflue. Ma le cose, evidentemente, non vanno per il verso giusto anche stavolta.

Le tavolette per il wc non vendono più come un tempo e la piccola ditta annega nei debiti.

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