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"No alla fiducia". Il M5S spacca ancora la maggioranza

Nervi tesi in maggioranza durante la riunione dei capigruppo per trovare una quadra sul dl aiuti in vista del voto: il governo esclude la fiducia

"No alla fiducia". Il M5S spacca ancora la maggioranza

Cresce la tensione in maggioranza sul dl aiuti. Già nella giornata di ieri si erano registrate indiscrezioni sui dubbi del Movimento 5 stelle, che non intendeva votare la fiducia a un pacchetto che prevede la realizzazione del termovalorizzatore di Roma. Tra le fila dei pentastellati avanzava l'ipotesi di una fiducia "per parti" ma fonti governative, benché questa sia un'opzione contemplata dall'ordinamento italiano, hanno escluso che questa strada potesse essere praticata, visto che sia Lega che Pd sono pronti a dare la fiducia totale. Tuttavia, dopo le rimostranze dei pentastellati, fonti del governo hanno fatto sapere che l'esecutivo non ha intenzione di porre la fiducia sul decreto aiuti, sottolineando la necessità di approvare il provvedimento entro il 15 luglio.

Quando ancora sembrava che ilgoverno potesse porre la fiducia, in mattinata si è tenuta una lunga e tesa riunione di maggioranza allo scopo di trovare la quadra finale in vista del voto agli emendamenti di questo pomeriggio. Durante la riunione, il M5s ha insistito sulla fiducia "per parti", chiedendo che sia lasciata ai deputati libertà di coscienza sui temi che gli stanno a cuore, primi fra tutti il superbonus e il termovalorizzatore di Roma.

Ma questo non sembra l'unico ostacolo da superare in maggioranza per raggiungere un accordo condiviso. Molti dubbi sono stati avanzati sulle norme per gli affitti a Venezia e su altre norme che sono state aggiunte al testo durante l'esame in commissione alla Camera. Continua a esserci il dubbio sulla fiducia, visto che sebbene sembra essere questa la strada che vuole intraprendere il governo, al momento non sono ancora state conferme in tal senso. Anche per questo motivo, a pochi minuti dalla ripresa dell'esame del testo in Aula, si fa largo la possibilità che venga votato un rinvio del provvedimento in commissione per ulteriori riflessioni. "Per il Mef non ci sono profili economici che necessitano di intervento del ritorno in commissione", ha detto all'Ansa il viceministro all'Economia Laura Castelli.

Nella giornata di ieri, a Montecitorio si puntava il dito contro il ministro ai Rapporti col Parlamento, Federico D'Incà, "colpevole" di aver agevolato Giuseppe Conte. Infatti, il voto al decreto legge si sovrappone quasi con l'incontro chiarificatore tra il premier Mario Draghi e Giuseppe Conte, che dovrebbe avvenire domani. Per questo motivo i parlamentari di altre forze di maggioranza ipotizzano un "conflitto d'interesse" secondo il quale, a loro avviso, D'Incà "sta agevolando Conte".

Andare al voto prima del faccia a faccia tra il premier e l'ex inquilino di Palazzo Chigi rischia di trasformarsi in un autogol.

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