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Dl Elezioni, il "pasticcio" in Senato era voluto?

Le assenze per il voto sul Dl Elezioni potrebbero essere state un messaggio ben preciso da parte di alcuni settori della maggioranza che non vogliono più Giuseppe Conte a Palazzo Chigi

Dl Elezioni, il "pasticcio" in Senato era voluto?

Ormai il Dl Elezioni è divenuto legge, ma ha avuto un iter insolitamente travagliato. La votazione finale dell'Aula del Senato si è dovuta ripetere a causa di un banale errore tecnico sul numero legale che sarebbe dovuto essere fissato a 150 anziché a 149, come in realtà è avvenuto giovedì.

Le assenze in seno alla maggioranza giallorossa, spiega il quotidiana Italia Oggi, avevano fatto mancare il numero legale, ma per via dell'errore tecnico si era votato lo stesso: 147 i favorevoli, i senatori Emma Bonino di +Europa e Matteo Richetti di Azione (il movimento fondato da Carlo Calenda), mentre le opposizioni non avevano proprio partecipato alla votazione. Il giorno seguente, invece, non ci sono stati intoppi e la legge che stabilisce l'election day per le elezioni Regionali e il referedum costituzionale sul taglio dei parlamentari (appuntamenti slitatti dalla primavera all'autunno causa Covid-19) è passato. Tra i banchi del Senato, però, ha iniziato a serpeggiare il dubbio che il mancato numero legale fosse voluto, ossia che i senatori giallorossi abbiano intenzionalmente mandato un "messaggio" al premier Giuseppe Conte.

"Sono in molti sia tra i 5Stelle che tra le fila del Pd a non sopportare più il Premier ed a preferire una fase di 'unità nazionale' per il paese e faranno di tutto per non fargli tagliare serenamente il traguardo elettorale di settembre; perché se il premier arrivasse forte all'election day e Salvini finisse K.o. alle regionali poi diventerà impossibile rispedire 'Giuseppi' a fare l'avvocato di provincia", dicono a Palazzo Madama gli 'informatori' di Italia Oggi. Uno scenario reso ancor più plausibile "a maggior ragione se passasse, come appare estremamente probabile, il referendum sul taglio dei parlamentari". Il premier, invece, punta a "mangiare il cocomero" e ad arrivare indenne a settembre per, poi, riuscire più agevolmente a far approvare tutto il pacchetto di riforme che arriva dall'Unione Europea. A settembre, infatti, scadrà il limite dello stop ai licenziamenti e la crisi economica si farà ancora più incalzante e, pertanto, ci si dovrà accontentare di quel che passa il convento. Tutta la partita politica si gioca, appunto, a luglio quando il Parlamento dovrà prendere posizione sul Mes. Chi non vuole più 'Giuseppi' e preferisce un governo di unità nazionale guidato da un'altra personalità deve agire in fretta.

Conte, a settembre, rischia, soprattutto se le Regionali non dovessero andare così bene per Matteo Salvini di diventare intoccabile.

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