Donald vince la partita: cacciato l'ambasciatore

Kim Darroch si dimette: nei report riservati aveva definito il presidente Usa un «inetto»

Donald vince la partita: cacciato l'ambasciatore

New York Dopo giorni di durissimi botta e risposta l'ha avuta vinta Donald Trump. L'ambasciatore britannico negli Stati Uniti Kim Darroch ha annunciato le sue dimissioni dopo le rivelazioni sulla stampa dei giudizi impietosi sul presidente americano, descritto come «inetto» e «incompetente» in una serie di memo indirizzati a Downing Street.

Una vicenda che ha fatto scoppiare una crisi diplomatica tra Londra e Washington in un momento complicato per il Regno Unito, in piena bufera Brexit. Nei giorni scorsi il tycoon ha replicato senza mezzi termini definendo il diplomatico uno «stupido» e dicendo che gli Usa non avrebbero più trattato con lui: «Dovrebbe parlare con il suo Paese e la premier Theresa May dei falliti negoziati sulla Brexit, non arrabbiarsi per le mie critiche su quanto siano stati gestiti male». Dopo il bando imposto dal Commander in Chief a qualsiasi contatto con Darroch, all'ambasciatore non è restato che gettare la spugna. «La situazione attuale rende impossibile svolgere il mio ruolo come vorrei. Nelle circostanze correnti, anche se il mio incarico termina alla fine dell'anno, credo che il percorso più responsabile sia quello di nominare un nuovo ambasciatore», ha detto in una lettera indirizzata a Simon McDonald, segretario generale del ministero degli Esteri. «Sono grato a tutti coloro che mi hanno offerto sostegno, nel Regno Unito e negli Usa, in questi giorni difficili - ha aggiunto Darroch - porto a casa il senso della profondità e della vicinanza delle relazioni fra i nostri due paesi». Il diplomatico ha poi sottolineato che «è ora di mettere fine a tutte le speculazioni nate intorno a questo caso».

Se nella capitale americana il vice presidente americano Mike Pence ha definito le dimissioni «la cosa giusta da fare», da Londra la premier uscente ha rivendicato «il pieno sostegno»" dato dal suo governo all'ambasciatore, esprimendo «grande rammarico» per il fatto che abbandoni l'incarico. «Sir Kim ha servito il Regno Unito per tutta la vita e abbiamo un enorme debito» di riconoscenza con lui, ha detto May, insistendo che i governi dipendono anche dai «consigli franchi» degli alti funzionari. E per il leader dell'opposizione laburista Jeremy Corbyn, l'addio di Darroch è «ingiusto».

Chi invece ha rifiutato di difendere il diplomatico dagli attacchi di Trump è il candidato favorito alla corsa per la successione a Downing Street, Boris Johnson. Nel corso di un dibattito tv, Johnson si è rifiutato sia di replicare a The Donald sia di difendere Darroch e garantirne la permanenza a Washington sino alla fine del mandato, a dicembre. La decisione di scaricare Darroch gli ha attirato le critiche dell'opposizione: secondo il vice leader dei laburisti, Tom Watson, il probabile futuro premier britannico ha messo «ancora una volta le sue ambizioni davanti agli interessi del paese». Mentre per l'attuale vice ministro degli Esteri, Alan Duncan, «Boris ha gettato sir Kim nella fossa dei leoni» e ha inflitto «un duro colpo» alla propria reputazione. «I leader di uno Stato devono difendere i loro diplomatici», ha spiegato da parte sua un altro Tory anti-Johnson, Tom Tugendhat, presidente della commissione Esteri della Camera dei Comuni.

Per il segretario generale del Foreign Office, Simon McDonald, la decisione di Darroch è stata una scelta personale «non facile», presa dopo aver consultato la famiglia e nella consapevolezza che «restando nella capitale Usa sarebbe rimasto un bersaglio» degli attacchi di Trump e quindi un ostacolo nei rapporti diplomatici del Regno con un alleato chiave come l'America.

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