Coronavirus

"La prima dose non protegge...". E il green pass è già da riscrivere

Il sottosegretario Sileri sul certificato verde: "Da rimodulare. Ma aspettiamo 15 giorni sui dati inglesi". Lombardia, Lazio ed Emilia potenziano il tracciamento: sequenziare il 100% dei casi

"La prima dose non protegge...". E il green pass è già da riscrivere

Il coronavirus muta velocemente e le varianti impongono cambi di strategia in corsa. Per arginare Delta e Delta plus non basta una sola dose e dunque è probabile che occorra rivedere il via libera agli spostamenti con il green pass. Al momento il certificato verde viene rilasciato anche dopo una sola somministrazione (lo hanno già scaricato quasi 14 milioni di italiani) ma il governo sta ragionando sull'ipotesi di rendere obbligatorio l'aver già ricevuto il richiamo per ottenerlo.

A confermare la necessità di rivedere il meccanismo del green pass è il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri. Alla luce della rapida diffusione della variante Delta, dice Sileri, potrebbe essere necessario «rimodulare il green pass dopo la prima dose di vaccino» anche se per il sottosegretario non è un passo da fare subito lasciando la valutazione in mano agli scienziati.

«Aspetterei un paio di settimane ma se è vero che la protezione da questa variante c'è dopo due dosi di vaccino, è chiaro che, oltre a correre con le seconde dosi, dobbiamo rimodulare il certificato verde - riflette Sileri - Al momento è prematuro dirlo. Aspetterei 14 giorni per l'analisi dei dati che arrivano del Regno Unito e per il controllo della prevalenza della variante Delta in Italia, attualmente vicina al 20%».

Ma c'è chi pensa che attendere due settimane non sia una buona idea con i contagi che nel Regno Unito ieri sono schizzati a oltre 22mila in 24 ore. E soprattutto sono molti gli esperti che ritengono sia stato un azzardo dare il via libera con una sola dose «a prescindere» come ribadito dal professor Francesco Vaia direttore sanitario dell'Inmi Spallanzani: «Si deve partire per le vacanze soltanto dopo il richiamo». Per Sileri però non è stato un errore visto che «quando è stato formulato i dati mostravano che andava bene» e non serve una modifica del passaporto verde» immediata anche se è necessario «metterla in cantiere» in prospettiva attendendo la verifica dell'efficacia del vaccino contro le varianti dopo la seconda dose. In quest'ottica si valuta anche la necessità di ridurre l'intervallo di tempo tra la prima e la seconda dose.

È in fase di pubblicazione su Lancet uno studio che confermerebbe l'efficacia protettiva di AstraZeneca a lunga durata anche dopo una sola dose. Efficacia che poi sarebbe potenziata con un richiamo a distanza di addirittura 45 settimane. Il vaccino Vaxzevria provoca un aumento «fino a 18 volte della risposta anticorpale quando l'intervallo tra prima e seconda dose arriva fino a 45 settimane, un risultato misurato dopo 28 giorni dal richiamo», evidenzia lo studio che sottolinea un risultato migliore «con un intervallo di dosaggio di 45 settimane tra la prima e la seconda dose: i titoli anticorpali erano quattro volte superiori rispetto a un intervallo di 12 settimane».

Se poi si somministra una terza dose almeno 6 mesi dopo la seconda i livelli anticorpali «aumentano di sei volte e si mantiene la risposta delle cellule T». Positiva la risposta contro le varianti: «una terza dose ha anche determinato una maggiore attività neutralizzante contro le varianti Alfa, Beta e Delta».

Il dato più aggiornato sulla presenza della variante Delta in Italia registra una percentuale del 16,8. Ma il punto è che l'attività di sequenziamento è ancora troppo scarsa nel nostro Paese. Il governo punta a potenziarla e su questo fronte alcune regioni come Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna puntano a sequenziare fino al 100% di tutti i nuovi casi.

Infine resta come extrema ratio il ritorno delle zone rosse per eventuali focolai della temuta variante.

Ipotesi avanzata dal coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Franco Locatelli.

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