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Quel dossier archiviato su mafia e appalti. Gasparri all'assalto dell'ex toga Scarpinato

L'azzurro in Senato: "Quell'indagine causò i delitti". Il grillino: "Ti querelo"

Quel dossier archiviato su mafia e appalti. Gasparri all'assalto dell'ex toga Scarpinato

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Quel dossier archiviato su mafia e appalti. Gasparri all'assalto dell'ex toga Scarpinato

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Davvero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vennero uccisi per il famoso dossier Mafia-Appalti, firmato da Mario Mori e Giuseppe De Donno (poi indagati per la Trattativa e assolti), che fu frettolosamente archiviato a Palermo qualche settimana dopo la morte dei due magistrati? Ne è convinto il senatore Maurizio Gasparri, che l'altro giorno al Senato ha pizzicato il collega M5s Roberto Scarpinato, che firmò quella archiviazione. Fu un incidente di percorso di cui Scarpinato si duole da sempre. Una ferita dolorosa ancora aperta, tanto che mentre Gasparri presiedeva la seduta di Palazzo Madama durante la commemorazione di Falcone nell'anniversario di Capaci, Scarpinato ha minacciato il senatore azzurro di una querela, corroborata a suo dire dalla sentenza di condanna cui è incappato Piero Sansonetti per aver sostenuto la stessa tesi sul Dubbio. «Questo è il Senato, non siamo in Procura», ha replicato Gasparri, incassando l'applauso convinto dei suoi in aula e qualche pacca sulla spalla dai senatori dell'opposizione, rigorosamente di nascosto.

Ma come stanno le cose? Davvero Scarpinato ha archiviato un'indagine così cruciale? Un errore voluto o una sottovalutazione? Dietro non c'è solo una semplice suggestione giornalistica, c'è un filone investigativo che trova fondamento anche in una indagine - archiviata senza troppi risultati - condotta dalla Procura di Caltanissetta.

Cosa sostennero il procuratore capo Francesco Messineo, gli aggiunti Renato Di Natale e Francesco Paolo Giordano e il sostituto Carlo Negri il 9 giugno 2003? Che mentre andavano a caccia dei «mandanti occulti» delle stragi (escludendo già allora Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri da questa odiosa ipotesi) scoprirono invece che «l'ambiente dei grandi appalti pubblici eseguiti in Sicilia negli anni '80 e inizio anni '90» era cruciale e che aveva «fondamento razionale» l'ipotesi investigativa sorta nel Duemila che le stragi di Capaci e di via D'Amelio «costituissero anche una rabbiosa reazione, organizzata ed eseguita in sinergica contestualità con Cosa nostra, da parte di organizzazioni economiche espressione di poteri imprenditoriali e politici forti».

L'inchiesta su mafia e appalti, messa da parte nel 1992, fu ripresa già nel 1996, permise di scoprire come la gestione illecita del sistema di aggiudicazione degli appalti in Sicilia fosse decisa «a tavolino» attraverso una complicata alchimia tra boss e imprenditori, tanto da confluire prima a Milano nell'inchiesta su Tangentopoli aperta da Antonio Di Pietro, che credette al pentito Angelo Siino, a differenza della Procura di Palermo.

Un errore volontario o una sottovalutazione? Gasparri si limita a ricordare in aula che quel dossier fu uno dei moventi, poi al Giornale aggiunge: «Ci sono altre questioni di cui Scarpinato deve rispondere, lo vedrete in aula».

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