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Draghi drammatizza la crisi: "Ora i 5s facciano chiarezza"

Il premier si sfoga con Mattarella: "O dentro o fuori". E lavora al "patto sociale" che potrebbe accontentarli

Draghi drammatizza la crisi: "Ora i 5s facciano chiarezza"

E vabbè, hanno lasciato l'Aula, lo strappetto grillino è consumato, Conte può lanciare l'osso ai suoi. Ma attorno a quell'osso non c'è, o non c'è ancora, un solo grammo di carne attaccato perché la ciccia, fanno notare a Palazzo Chigi, è tutta nel decreto Aiuti, che la Camera approva senza troppi patemi. Ma il gesto politico? I ricaschi sul governo?

Mario Draghi forse è preoccupato, forse è soltanto irritato, di certo è «concentrato sul prossimo dossier», il patto sociale con il salario minimo da presentare oggi ai sindacati e che, nei fatti, è una risposta alle richieste dei Cinque stelle. Intanto però il premier incontra una serie di ministri, da Franco a Cartabia, da Orlando a Speranza, e alle 18,30 sale sul Colle, perché un partito di maggioranza che vota la fiducia e poi abbandona Montecitorio per non votare pure il relativo provvedimento non è cosa che si possa trascurare. «Presidente - si sfoga infatti con il capo dello Stato - qui bisogna fare chiarezza». O dentro o fuori, basta giochetti. E la photo-opportunity con Mattarella è un formidabile strumento di pressione.

No, il Draghi che arriva al Quirinale ha il sorriso tirato e non è nel suo umore migliore. D'accordo, la mossa del M5s, uscire dalla Camera, è solo teatro, una sceneggiata a impatto zero sul decreto: i 23 miliardi di sostegno alle famiglie e alle imprese travolte dalla crisi energetica sono al sicuro. Ma giovedì, quando toccherà al Senato? Il regolamento di Palazzo Madama non consente di separare la fiducia dal provvedimento. Se Giuseppe Conte ridarà l'ordine di abbandonare l'Aula, stavolta non si potrà far finta di nulla. Se anche il decreto aiuti passasse, si certificherebbe in modo formale la nascita di una maggioranza diversa. Un Draghi-bis? Un Draghi uno senza i contiani?

Forse però, chissà, non si arriverà a tanto. Democristianamente, Sergio Mattarella invita a prendere tempo. «Da oggi a giovedì passano tre lunghissimi giorni», spiega a Draghi, un lasso di tempo in cui può succedere tutto. Ad esempio, può capitare che oggi, quando il presidente del Consiglio riceverà Cgil, Cisl e Uil per illustrare il suo patto sociale, risponda indirettamente ma molto concretamente alle istanze di Conte. Dieci miliardi sul piatto, taglio dei cuneo fiscale, rinnovi contrattuali, lotta alla povertà, istituzione del salario minimo. «Nessuno può far cadere un esecutivo che riduce il costo del lavoro e aumenta le buste paghe», dicono a Palazzo Chigi. Nessuno ha la forza di far precipitare il Paese nel caos.

E proprio questa, di concerto con il Colle, è la strategia che Super Mario userà per far decantare e neutralizzare i bollenti spiriti di Conte. Il leader dei Cinque stelle, dopo il faccia a faccia della settimana scorsa e i nove punti «di svolta» messi nero su bianco, attende di parlare ancora con Draghi. Un invito, una telefonata, una chiacchierata, una bicchierata, un cenno, un qualcosa che possa poi mostrare come segno di vittoria. Ebbene, l'impressione è che aspetterà a vuoto. È da sabato che il M5s parla di vertice imminente, già concordato, domani, ora, subito. Tuttavia a Palazzo Chigi l'incontro «non è in programma».

Insomma le risposte che cerca Conte dovrà trovarle negli atti del governo. Molti dei nove punti, si sottolinea, «fanno parte dell'agenda dell'esecutivo». Altre matureranno nelle prossime ore, in quei «tre lunghissimi giorni» di cui parlava Mattarella.

Peraltro Draghi non ha alcuna intenzione di farsi condizionare o di finire sotto ricatto dei partiti che fanno campagna elettorale. Se farà aperture, le farà sui programmi concreti e non durante conciliaboli o trattative. Totale disponibilità al confronto sui temi cari ai Cinque stelle, però quei cari ragazzi devono decidersi: dentro o fuori, i problemi del Paese non aspettano. Pandemia in ripresa, guerra, caro bollette, inflazione, Pnrr da proseguire.

Non c'è più spazio quindi per altre fiducie «à la carte», a smarcamenti di lato, a mezze posizioni. Al di là delle conseguenze numeriche sulla sopravvivenza del governo, si rischia di creare un precedente, un effetto a catena.

Infatti Silvio Berlusconi ha subito chiesto una verifica di maggioranza, la Lega attacca il Pd su ius scholae e cannabis. Quanto si potrà andare avanti così?

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