Arriva sotto forma di una revisione al ribasso delle stime di crescita il nuovo caveat della Bce al governo italiano. Eurolandia procede col freno a mano tirato, impigliata in quelle aree di criticità che ieri Mario Draghi ha ricondotto «a fattori geopolitici, alla minaccia di protezionismo, a vulnerabilità nei mercati emergenti e alla volatilità dei mercati finanziari». Così, i rischi «si stanno muovendo al ribasso», al punto da rendere necessario un aggiustamento delle previsioni sul Pil per il 2018 e il 2019, rispettivamente all'1,9% e all'1,7%, dai precedenti +2% e +1,8%.
Il momento congiunturale richiede quindi una prudenza a fatica ravvisabile nell'outlook dell'esecutivo giallo-verde, che non ha ancora messo mano alla sua stima di espansione dell'1,5% per l'anno prossimo nel mentre sta faticosamente trattando con Bruxelles un contenimento del deficit rispetto alla manovra originaria. L'Italia, peraltro, dovrà fare i conti con la chiusura del programma di quantitative easing, ancora una volta elogiato dall'ex governatore di Bankitalia («È stato il solo motore della ripresa»), ma destinato al binario morto a fine mese non essendo in agenda una sua riattivazione. «Non abbiamo dovuto discutere sul riavvio degli acquisti di asset, perché la nostra linea di base è ancora valida», ha spiegato il presidente della Bce. Né è stato argomento di discussione, nella riunione di ieri del direttivo a Francoforte, il timing del rialzo dei tassi, un tema che non sarà affrontato prima dell'estate del 2019. Sul tavolo dell'Eurotower c'è invece l'opzione di una riedizione delle asta Ltro con cui già in passato è stata offerta una stampella al sistema bancario attraverso l'erogazione di una liquidità miliardaria e a basso costo.
Ma per quanto la Bce non abbia ancora assunto il piumaggio da falco dell'ala più dura dell'istituto centrale (quella riconducibile a tedeschi e olandesi), qualcosa - e in peggio - cambierà per l'Italia con il pensionamento del Qe. Draghi è tornato ieri sull'argomento legato al reinvestimento dei titoli di Stato che verranno a scadenza. È un aspetto che ci riguarda da vicino, a fronte dei 363 miliardi di bond tricolori comprati dall'inizio del Qe, su un totale di 2.158 miliardi. L'intenzione della banca centrale è quella di ricalibrare questi reinvestimenti sulla base delle modifiche apportate recentemente al cosiddetto capital key, ovvero la quota di pertinenza di ciascun Paese nel capitale della Bce calcolata in base al Pil e alla popolazione. La fetta dell'Italia è scesa dal 12,31 all'11,8%, mentre quella della Germania è salita dal 17,99% al 18,36% e quella francese dal 14,17% al 14,2%. Ciò significa una perdita di peso del nostro Paese, anche se il portafoglio della Bce sarà aggiustato gradualmente nel tempo per «salvaguardare condizioni di mercato ordinate».
Insomma, la Bce non vuole che si creino tensioni sui mercati. Ma non dimentica di richiamare all'ordine le nazioni troppo indebitate, sollecitate «a ricostituire i margini di manovra nelle finanze pubbliche». L'ennesimo avviso all'Italia.
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