"Draghi al Quirinale? Ma si rispetti la Carta"

"Il modello presidenzialista ipotizzato da qualcuno è anticostituzionale"

"Draghi al Quirinale? Ma si rispetti la Carta"

Ha trascorso buona parte della sua vita all'interno di Montecitorio, Mauro Zampini, arrivando nel 94 a ricoprire il ruolo di segretario generale della Camera, per poi continuare la sua carriera come prefetto e consigliere di Stato. Una lunga esperienza nelle istituzioni che lo ha portato a lanciare, sulle pagine de l'Adige, un monito sul possibile trasferimento del presidente del Consiglio al Quirinale.

Lei ha espresso alcune perplessità in merito alla candidatura Draghi. Per quale motivo?

«Nessuna perplessità verso alcuna candidatura che assicuri il pieno rispetto del mandato che la Costituzione affida alla massima autorità della Repubblica: la custodia rigorosa dei nostri principi costituzionali, a partire dall'impianto parlamentare del nostro sistema istituzionale, e la difesa sopra tutto dell'unità nazionale. Le perplessità nascono da una forte spinta alla candidatura di Draghi, non da parte dello stesso Draghi, per motivi incompatibili con quel mandato: non la difesa della Costituzione, ma un ruolo di governo del capo dello Stato, simile al sistema francese. Il presidente francese viene eletto dal popolo e nomina il primo ministro, una figura simile a quella del nostro sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Le differenza sono grandi, l'incompatibilità con la Costituzione plateale».

Non pensa che adesso sarebbe possibile un'innovazione costituzionale?

«In realtà non è stata ipotizzata, da chi ha lanciato la candidatura di Draghi, alcuna innovazione costituzionale che richiederebbe un lunghissimo iter parlamentare, un vasto schieramento di sostegno e un referendum confermativo. La Costituzione può essere sottoposta a revisione ma prima della revisione deve essere rispettata, e non modificata nei comportamenti dei partiti e dei governi. Come avviene da troppo tempo nel nostro paese, con la conseguenza che la Costituzione materiale è largamente incompatibile con quella formale. Un semplice esempio: a forza di forzature tollerate nei decenni, con la benevolenza di generazioni di presidenti di entrambe le Camere, la funzione legislativa è oggi nelle mani dei governi, che hanno espropriato i parlamenti».

Una soluzione di questo tipo creerebbe le condizioni per una stagione di contestazioni?

«Basta ricordare la spinta violenta a trascinare Mattarella in giudizio per alto tradimento e attentato della Costituzione nel 2018, per avere esemplarmente esercitato il suo diritto costituzionale di nomina dei ministri, da parte di ben tre partiti, per capire i rischi di guerriglia politica. Questa volta con motivi assai più validi di allora».

L'elezione di Draghi significherebbe elezioni?

«Questa previsione è assai difficile per la sua dipendenza da svariati fattori. Non ultima la volontà dello stesso futuro Presidente della Repubblica».

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