Draghi riparte con l'agenda ma scoppia il caso Giorgetti

Il premier accelera: due cdm già in settimana. Il ministro leghista spinge per una verifica di governo

Draghi riparte con l'agenda ma scoppia il caso Giorgetti

La ripartenza per il governo è più difficile. Il premier Mario Draghi accelera e fissa per la prossima settimana due sedute del Consiglio dei ministri (la prima già lunedì). Rispondendo così al leader della Lega Matteo Salvini che chiede, invece, un incontro per verificare la tenuta della maggioranza. La trattativa sul Quirinale, che sbocca nel Mattarella bis, porta dietro divisioni e veleni che ora si riversano sulla solidità del governo. Vincitori (nessuno) e vinti (tutti) preparano la resa dei conti. In mattinata il presidente del Consiglio sblocca lo stallo chiedendo ai leader della sua maggioranza che «il presidente della Repubblica Sergio Mattarella resti al Quirinale per il bene e la stabilità del Paese».

Poi si ritira nel suo casale in Umbria per seguire lo spoglio. Attende la proclamazione del risultato da parte del presidente della Camera Roberto Fico per commentare: «Una splendida notizia per gli italiani. Sono grato al presidente per la sua scelta di assecondare la fortissima volontà del Parlamento di rieleggerlo per un secondo mandato».

La fumata bianca chiude il dossier Colle e riapre i fronti caldi sul esecutivo. Nel giro di un'ora piombano sul tavolo di Palazzo Chigi due grane: le dimissioni (poi congelate) del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e lo scontro sulla legge elettorale, che sarà la madre di tutte le battaglie (e delle spaccature) nell'ultimo anno di legislatura. Le forze politiche, che sostengono il governo, escono dalla partita sul Colle con le ossa rotte: le strade di Lega e Fi, alleate fino a ieri, sembrano separarsi. Ma anche nel fronte progressista inizia la resa dei conti tra M5s e Pd. E tra Di Maio e Conte. È Giorgetti che accende il fuoco. Alla domanda sulla svolta al Quirinale, il ministro leghista precisa: «Per me porta a casa». Poi il numero due del Carroccio è più chiaro: «Via dal governo? È una ipotesi«.

Nel governo scoppia la bomba. Il capodelegazione del Lega prova a gettare acqua sul fuoco: «Ho posto un tema con serenità e serietà. Poi certo ognuno fa la sua parte, vedo che Letta ha già chiesto la proporzionale. Se siamo una squadra siamo una squadra». Ai cronisti che gli chiedevano se della questione avesse già parlato con Draghi, Giorgetti ribatte: «Draghi sa anche lui cosa ci aspetta nel prossimo anno». Il ministro leghista pone sul tavolo il tema della compattezza dell'esecutivo: «Serve una nuova fase e un nuovo metodo. Se c'è una crisi aziendale non è che la colpa può essere della Lega di Giorgetti. Se comincia questo gioco qui non finisce più. Le cose vanno tarate». Giorgetti vede tre ostacoli per l'esecutivo: la battaglia sui referendum sulla giustizia, la riforma elettorale e le prossime amministrative. L'uscita del leghista incassa la sponda del ministro dem del Lavoro Andrea Orlando: «Come si può non essere d'accordo». La richiesta di verifica è ufficialmente sul tavolo «io sono felice che la Lega sia stata protagonista della chiusura di questa settimana di veti e conto che lunedì, in un incontro a tre, Draghi Giorgetti e Salvini ci siano tutti i chiarimenti necessari. Mi sembrava giusto rispettare la chiusura della partita del Quirinale. Ho scritto a Draghi e chiesto un incontro a tre per dire come lavorare al meglio il prossimo anno» - rilancia Matteo Salvini. Il segretario del Carroccio entra nel cuore della questione: «Ci sono ministri che fanno e alleati che disfano». E la richiesta di una verifica arriva anche dal fronte grillino: «Con Draghi ho chiesto un chiarimento: non possiamo limitarci ad assicurare la stabilità del governo, dobbiamo essere promotori di un confronto per siglare un patto per i cittadini nell'ambito del quale individuare quali possano essere le priorità per il Paese» - va a ruota Giuseppe Conte, che preannuncia un altro chiarimento con Luigi di Maio. Ma il vero ostacolo sul cammino del governo è la legge elettorale. Salvini chiude: «Non è una priorità». Ma i centristi, Iv, Forza Italia e Coraggio Italia, spingono per aprire il dossier.

E arrivare a una riforma in senso proporzionale. C'è l'apertura del Pd con Enrico Letta. E il muro di Giorgia Meloni che vuole il maggioritario. Lo scontro potrebbe definitivamente far saltare i due schieramenti e tirare giù il governo.

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