Europa

Draghi riscende in campo: "L'Ue cambi radicalmente"

L'ex presidente del Consiglio presenta il suo rapporto sulla competitività e sembra un programma di governo dell'Unione: "Manca una strategia"

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Insomma, qui, ora, subito, «serve una trasformazione totale», uno scossone «profondo», un rinnovamento generale se vogliamo salvare la Ue e renderla «adatta al mondo di oggi e di domani». Serve una rivoluzione, e lui è pronto. «Proporrò un cambiamento radicale, questo è ciò di cui abbiamo bisogno», dice dal Belgio Mario Draghi. Più decisioni, più coesione, più coraggio, più unità, più soldi in comune. In un oceano di squali, dove nuotano Usa, Cina e Russia, anche l'Europa deve imparare a tirare fuori i denti. «Ripristinare la competitività non è qualcosa che possiamo ottenere da soli, ma richiede che agiamo insieme». Basta con i veti interni, le vecchie regole e il criterio dell'unanimità. «L'integrazione, se non a 27, si faccia tra chi la vuole fare». E pure in fretta, perché non c'è più tempo. «Dobbiamo coordinare le nostre politiche economiche, ci manca una strategia industriale», stiamo perdendo spazi e mercati.

«Voglio fare il nonno», aveva detto lasciando Palazzo Chigi, invece eccolo a La Hulpe, durante la conferenza sul pilastro europeo dei diritti sociali, che sembra pronunciare il discorso della corona. Lo chiamano, lo contattano, lo propongono a giorni alterni come presidente della Commissione o del Consiglio europeo, lo spingono a prendere in mano in qualche modo i destini dell'Unione. Molti lo invocano, molti altri sperano di bruciarlo chiamiamolo in causa. Lui mantiene il profilo basso, rasoterra, un po' annoiato. «Non sono candidato a nulla - ripete - non sono interessato. Svolgo solo il compito che mi è stato richiesto». E cioè la relazione che gli affidato Ursula von der Leyen per provare a rilanciare la competitività. Il tema sarà in agenda nel prossimo vertice dei capi di Stato e di governo dell'Unione che deve stabilire la scaletta della nuova legislatura.

Intanto ogni settimana Super Mario dice la sua sul futuro della Ue. E pure stavolta non sono soltanto parole, ma un elettrochoc. «Non abbiamo il lusso di poter rinviare le decisioni - avverte - occorre assicurare coerenza e funzionalità dei nostri strumenti per rilanciare la competitività». C'è parecchio lavoro. «Dobbiamo raggiungere una trasformazione dell'economia europea, essere in grado di organizzare un sistema energetico affidabile e libero dalle dipendenze esterne, allestire una politica estera e una difesa integrata, assumere una posizione leader nei settori innovativi e nella produzione tecnologica». Sembra davvero un programma di governo.

Certo, per realizzarlo servono più soldi e meno barriere di austerità. «Per un cambiamento radicale occorrono investimenti, la maggior parte privati». Draghi propone perciò di «avanzare sul progetto dell'Unione dei mercati dei capitali, che è una parte indispensabile della strategia complessiva per la competitività». E la burocrazia dovrà rivedere parecchie procedure. «Le nostre norme sugli investimenti sono costruite per un mondo che non esiste più, quello pre-Covid, pre-guerra in Ucraina, pre-crisi in Medio Oriente».

Oggi invece «è tornata la rivalità tra le grandi potenze» che può schiacciarci, uno scenario «che ci ha colti di sorpresa e in cui altri Paesi non seguono le regole». La Cina ad esempio. «Pechino mira a catturare la catena delle tecnologie avanzate e minaccia così di minare le nostre industrie».

Semmai, spiega l'ex presidente della Bce, dovremmo prendere esempio dagli Usa, «che stanno utilizzando una politica industriale su larga scala per attrarre capacità manifatturiere, anche europee». Noi al contrario «non abbiamo mai avuto la possibilità di stipulare un patto industriale equivalente nella Ue, ci manca una strategia».

Tra le cinquanta aziende tech ai vertici, «solamente quattro sono europee», conclude uno sconsolato Super Mario.

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