Guerra in Ucraina

Draghi sente Putin: spiragli sui negoziati ma tempi lunghi. E il premier chiede un cessate il fuoco

Dura poco più di quaranta minuti il video-collegamento tra Putin e Draghi, il primo contatto diretto tra i due da quando, lo scorso 24 febbraio, il Cremlino ha deciso l'invasione militare dell'Ucraina

Draghi sente Putin: spiragli sui negoziati ma tempi lunghi. E il premier chiede un cessate il fuoco

Dura poco più di quaranta minuti il video-collegamento tra Putin e Draghi, il primo contatto diretto tra i due da quando, lo scorso 24 febbraio, il Cremlino ha deciso l'invasione militare dell'Ucraina. Un appuntamento che dovrebbe diventare a cadenza settimanale, nella speranza di riuscire a contribuire fattivamente a un negoziato che sembra lasciare qualche spiraglio di speranza. Questa, almeno, è l'impressione del premier e della diplomazia italiana al termine del lungo faccia a faccia di ieri pomeriggio. Sempre, ci mancherebbe, senza farsi facili illusioni e tenendo come principio guida quello del realismo. Mosca, infatti, non è nuova a muoversi secondo un doppio binario che ha soprattutto l'obiettivo di prendere tempo e confondere le acque. Ancora ieri, per dire, mentre il ministro degli Esteri Lavrov parlava di un significativo progresso nei colloqui di pace a Istanbul, il portavoce del Cremlino Peskov si affrettava a raffreddare le aspettative spiegando che «non c'è una svolta» e «il lavoro da fare è ancora molto».

Nonostante l'inaffidabilità del suo interlocutore, però, Draghi tende a guardare il bicchiere mezzo pieno. E vede qualche piccolo progresso nel confronto con Putin. Un atteggiamento di moderata fiducia che si registra anche alla Farnesina, nonostante ieri mattina Di Maio abbia preferito muoversi sul punto con molta prudenza. «Non dobbiamo assolutamente illuderci che sia semplice arrivare alla fine dell'accordo», avvertiva infatti il ministro degli Esteri da Berlino.

Draghi, però, è deciso a spendersi per il dialogo. Tanto che, spiegano da Palazzo Chigi, l'incipit del video-collegamento è stato proprio in questo senso: «Presidente Putin, la chiamo per parlare di pace». Il premier, quindi, si informa sui negoziati in corso tra Russia e Ucraina, con il presidente russo che avrebbe manifestato un «cauto gradimento» per le ultime interlocuzioni a Istanbul. Tanto che avrebbe aperto al cosiddetto «modello Austria» (neutralità permanente, niente Nato, nessuna base militare). Putin, inoltre, non avrebbe posto veti neanche sulla composizione del gruppo di Paesi garanti, altro tema spinoso. Ben diverso, invece, l'approccio del capo del Cremlino quando il discorso si sposta su Crimea e Donbass, due fronti su cui Mosca non sembra intenzionata a concedere nulla.

L'ex numero uno della Bce ascolta. E ribadisce l'intenzione dell'Italia di voler contribuire al processo di pace e diventare uno dei garanti. Ma affinché la diplomazia possa davvero scendere in campo è necessario che ci sia un segnale. Draghi, dunque, rinnova a Putin l'invito a una de-escalation. Serve - è il ragionamento del premier - un cessate il fuoco che dimostri la serietà delle intenzioni di Mosca e allo stesso tempo renda possibile far fronte all'emergenza umanitaria. Un segnale che al momento non sembra affatto imminente, visto che si continua a combattere e il governo ucraino fa sapere che non c'è alcun ritiro russo dalle aree di Kiev e Chernihiv. D'altra parte, nonostante gli spiragli e il «progresso» registrato ieri a Palazzo Chigi, nessuno si illude che i tempi possano essere brevi. Anzi, in molti temono possano persino scavallare la data del 9 maggio.

Al centro del colloquio, ovviamente, anche il nodo del gas. Tema che Putin tratta prima con il cancelliere tedesco Scholz e poi con Draghi. D'altra parte, non è un mistero che Germania e Italia siano i due Paesi europei che più dipendono dal gas russo (ne importano rispettivamente il 49 e il 46% del totale). Il leader del Cremlino, però, per il momento sembra rinunciare al ricatto del pagamento in rubli. E con l'ex Bce, come aveva fatto con Scholz, si avventura in una spiegazione tecnica delle ragioni che avvalorano la sua richiesta.

Un ragionamento, però, che si conclude ipotizzando che l'Italia continui a pagare in euro sul conto della Gazprombank (sarà poi la banca a provvedere alla conversione in rubli).

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