Draghi smaschera il premier: senza l'intervento della Bce non ci sarebbe stata la ripresa

«Si moltiplicano giorno dopo giorno i dati positivi sulla nostra economia. Anche in Europa la musica nei nostri confronti sta cambiando. In un contesto europeo non esaltante, per usare un eufemismo, siamo quelli che hanno rialzato la testa, che ci provano. Non basta, non ci accontentiamo. Ma che stia finendo la dittatura dello zero virgola, non è un successo per il governo, è un traguardo per l'Italia. Siamo tornati, finalmente». Impegnato com'è a interpretare, su Facebook , «Guarda come gongolo» dopo che l'Ue ha pronosticato per il Belpaese un Pil in crescita dello 0,9% quest'anno e dell'1,5% nel 2016, Matteo Renzi sembra aver modellato a uso personale il «non ti curar di lor ma guarda e passa» del ben più illustre (quasi) concittadino. Non dovrebbe.

Se le cifre stanno ridando un po' di colore alla pallidissima Italia, se qualche indicatore sembra flirtare meno con l'anoressia della recessione, certo la farina non è del suo sacco. C'è un signore di stanza a Francoforte, ma italianissimo, dietro il nuovo «miracolo» tricolore: si chiama Mario Draghi, e di mestiere fa il capo della Bce. Se John Lennon asseriva, un po' blasfemo, di essere più popolare di Gesù Cristo, SuperMario è appena sette gradini sotto Papa Francesco nella classifica Forbes degli uomini più potenti al mondo. È undicesimo, per un soffio ha mancato la top ten, ma è l'unico italiano presente nella lista. Del «Draghi power» ne sanno qualcosa perfino i tedeschi della Bundesbank, quando ancora non erano stati silenziati dai magheggi di Volkswagen e dai buchi contabili di Deutsche Bank. Obbligati a digerire l'indigeribile, ovvero quel quantitative easing che si sostanzia nell'acquisto di bond sovrani e che, di fatto, ha reso l'euro un fortino per gli squali della speculazione.

«Don't fight Bce» è stato il messaggio che l'ex governatore di Bankitalia ha cominciato a lanciare ai mercati nell'estate 2012 con l'ormai celeberrima frase «faremo di tutto per salvare l'euro». Allora, lo spread tra Btp e Bund veleggiava ancora attorno ai 360 punti. Qualche giorno fa, il differenziale ha bucato quota 100. Oltre 250 punti di scarto fanno la differenza: enorme in termini di alleggerimento del peso del debito pubblico. Senza il Qe, il Tesoro non avrebbe mai collocato i suoi bond a tassi negativi, in passato un'esclusiva della Germania. Un autentico sollievo per le casse pubbliche, visto che il risparmio nel 2016 potrebbe oscillare tra gli 1,5 e i 2 miliardi di euro. E che dire dei tassi quasi a zero che permettono alle banche di offrire mutui fissi al 4%, oppure del deprezzamento della moneta unica, che certo male non ha fatto al made in Italy?

Renzi è il fruitore di una congiunzione economica straordinariamente favorevole che, tra l'altro, semplifica l'azione del suo governo. Un allineamento dei pianeti economici destinato a perfezionarsi se l'Eurotower deciderà in dicembre di proporre il Qe nella versione extra strong , modificandone durata (al momento scade a settembre 2016) ed entità (gli acquisti mensili sono ora pari a 60 miliardi di euro).

Non dovrebbe, dunque, far finta di non sentire i richiami della Bce per la disinvolta gestione del deficit. Nel nome di una pretesa flessibilità, si finisce per allontanarsi dall'obiettivo del pareggio di bilancio. Così non va. Occhio, la musica può davvero cambiare.

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