A giudicare dalla bella inchiesta del Giornale, il riformismo di Matteo Renzi, il Grande Affabulatore che ci governa, si è concretato in una lobby affaristica della quale fanno parte gli amici del presidente del Consiglio. Renzi mostra di essere non solo culturalmente sprovveduto, che occupa un posto più grande di lui, ma di essere anche uno spirito autoritario disposto a fare qualsiasi cosa. Se ne sono accorti, e ne sono preoccupati, oltre che gli esponenti di Forza Italia passati ora all'opposizione dopo averlo sostenuto troppo a lungo - persino i suoi stessi compagni di partito ed è tutto dire dopo l'occupazione, da parte del Pd, di cariche istituzionali e posti di sottogoverno. Berlusconi, forse per giustificare il proprio passaggio all'opposizione, ha parlato di deriva autoritaria. Ma siamo ben oltre. Non era difficile prevedere che, attraverso deriva fiscale burocratico-amministrativa, si stava passando dalla ancorché imperfetta democrazia disegnata da una pasticciata Costituzione, a un regime di fatto autoritario.
La democrazia è dimezzata. Di questo passo, dopo il diritto di proprietà, anche altre libertà liberali rischiano di essere messe in discussione. Il diritto di proprietà è già praticamente svuotato dal fatto che a chi, in banca, vuole ritirare dal proprio conto una certa somma, è chiesto che cosa intenda farne come se a disporre della cifra in questione non fosse il titolare del conto, secondo diritto di proprietà, ma fosse lo Stato. Avevo scritto che Renzi è un pericolo per la democrazia e si è detto che era una esagerazione. Ma, abbacinata dalle sue chiacchiere e dai suoi continui annunci, la maggioranza degli italiani ha mostrato di non accorgersene. Guarda al passato non propriamente edificante della Prima e Seconda Repubblica e Renzi le pare un progresso. Temo finisca nelle braccia di una forma di fascismo minore, costante illusione di vivere nel migliore dei sistemi politici possibili.
L'aspetto paradossale della situazione è che, per sperare di salvare ciò che rimane della democrazia, dobbiamo contare sulla sinistra che ne è la responsabile. Il difetto sta nel manico. In quel precario equilibrio individuato dai Costituenti in una Costituzione che, dando un colpo al cerchio della democrazia liberale e l'altro alla botte del socialismo sovietico, ha creato le condizioni della stessa degenerazione del sistema politico. Più volte è stata avvertita l'esigenza di riformare la Costituzione. Ma non si è mai cavato il classico ragno dal buco perché la Carta è stata trasformata dal Partito comunista che aveva bisogno di legittimarsi come forza democratica - in una sorta di sbarramento al cambiamento.
Al suono dello slogan «la Costituzione non si tocca» siamo precipitati nel caos istituzionale, dove le libertà individuali rischiano l'estinzione in nome di astrazioni ideologiche novecentesche smentite dalle dure repliche della storia.piero.ostellino@ilgiornale.it
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