Con lo Stato dilaga il moralismo

La corruzione è figlia di statalismo e burocrazia

Alcuni lettori si sono indignati perché nell'ultimo Dubbio ho scritto che - vivendo in mezzo agli altri, in una società di relazioni - la segnalazione e la raccomandazione non sono immorali in sé perché rientrano nell'ordine delle cose, nella zona grigia delle relazioni interpersonali. Sono un fatto logicamente connaturato al nostro modo di vivere. Prendersela con i fatti non produce conoscenza e, tanto meno, moralità, ma solo confusione. È una forma di arretratezza culturale che non approda a nulla. Pensavo che inclini al moralismo fossero soprattutto certi lettori del Corriere, fra i quali quelli orientati a sinistra sono probabilmente la maggioranza, che se la prendevano volentieri per quello che scrivevo. Invece, constato che ancora prevalgono forme di moralismo che rifiuta il realismo e c'è chi se la prende con la realtà, rifiutandola e rifugiandosi nelle buone intenzioni, convinto che la realtà dovrebbe essere morale.

L'Uomo, ha scritto Kant, «è il legno storto» dal quale non si può pretendere esca qualcosa di dritto. La cultura liberale, a differenza di quella socialista, non pretende di cambiare l'Uomo, di renderlo migliore, ma si limita a governarlo come è. Prendersela con la realtà - che non è immorale in sé - è sciocco, equivale a prendersela con i temporali, perché ci si bagna. Non è un segno di intelligenza - da intelligere : capire - e fa dell'Italia un Paese incapace di agire politicamente, cioè un Paese intimamente arretrato! Se piove, piuttosto che imprecare contro la pioggia, è meglio fornirsi di un ombrello...

Invece di indignarsi, i lettori del Giornale e noi stessi, dovremmo chiederci, ad esempio, perché, da noi, come accadeva nei Paesi di socialismo reale, corruzione e clientelismo - che sono (anche) una forma di rimedio contro le rigidità del sistema - siano tanto diffusi. La risposta è semplice. Perché siamo un Paese dove prevalgono statalismo e burocratismo, non prevale il merito, ma prosperano permessi e divieti di ogni genere. Corruzione e clientelismo sono un modo di ovviare agli eccessi burocratici. In una economia libera, di mercato, corruzione e clientelismo hanno poca presa perché non sono convenienti; chi si scontra con l'eccesso di legislazione, di permessi e divieti, si comporta guardando, nel proprio interesse, al merito e difficilmente inclinerebbe verso la corruzione e il clientelismo e/o assumerebbe qualcuno che non abbia la qualifica richiesta dalla domanda del mercato. Ho visto, giorno dopo giorno, crollare l'Unione Sovietica per questa ragione e constato con raccapriccio che l'Italia è avviata sulla stessa strada. Se anche lettori aperti al mercato, come si presume dovrebbero essere quelli del Giornale , invece di pensare realisticamente e politicamente, reagiscono moralisticamente di fronte alla realtà, stiamo freschi!

Ho la tendenza, da liberale, ad attribuire allo statalismo e al burocratismo, l'arretratezza di cui soffrono i Paesi socialisti.

Mi rendo, però, anche conto che, da noi, non sono solo i socialisti a ragionare in tal modo, ma, in generale, tutti gli italiani in quanto culturalmente eredi del fascismo, che era una forma di dirigismo di destra, e influenzati dal collettivismo, indipendentemente dalla loro collocazione politica. Lo dico, allora, con franchezza. Diamoci tutti una regolata, se non vogliamo fare una brutta fine...

piero.ostellino@ilgiornale.it

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