C'è chi è stato purgato, chi si è scrollato di dosso i tentacoli della politica di sua sponte e chi svela altarini tutt'altro che edificanti. A tre anni dalla sua nascita, le defezioni da Azione arrivano da tutta Italia e con le stesse motivazioni: sprezzo dello statuto, censura, mancanza di democrazia interna e ambiguità politica.
Pierpaolo Cecchi, ex referente di Avanti a Cervia, è stato silurato da Azione lo scorso giugno, dopo più di un anno di attività per aver chiesto «un riequilibrio delle aliquote Tari tra le attività svolte in spiaggia e quelle della città». Richiesta in linea con quelle che, ufficialmente, sono le posizioni di Azione. «La mattina in cui è uscito l'articolo (febbraio scorso), mi ha telefonato Matteo Richetti - racconta Cecchi e, in barba allo statuto, ha silenziato tutto il gruppo». Cecchi è stato, poi, messo alla porta il giorno dopo da Giulia Pigoni, una fedelissima di Richetti.
Anche Matteo D'Angelo, ex vice-coordinatore di Azione Veneto, si è dimesso dopo aver denunciato una forte censura dei Gruppi territoriali e la presenza di liste «con dati sensibili di molte persone forse mai iscritte ad Azione». «Se ciò fosse confermato esporrebbe il partito a gravi conseguenze», scrive D'Angelo in una lunga lettera indirizzata alla responsabile regionale Michela Lorenzato in cui rivela: «Siamo da mesi senza referenti provinciali e delle tante dimissioni dei coordinatori non si parla».
Ancor più dura è la denuncia di Silvia Simeone, ex referente del gruppo Voghera: «In molti congressi provinciali, come in quello nazionale, esisteva una lista sola, eletta per acclamazione. Un Congresso farsa, organizzato dopo aver fatto fuori i possibili sfidanti locali ai vari protetti di Roma».
Cristina Mazzotta, referente di Azione a Grottaferrata (Roma), attacca: «Ai gruppi territoriali vengono impediti i contatti con stampa e politica. Tutto è deciso a livello regionale». Il suo gruppo era schierato con il sindaco uscente Luciano Andreotti, ma «il partito ha sostenuto Mirko Di Bernardo, favorevole ad aderire al Consorzio Enti Pubblici (CEP) e alla Sts Multiservizi per la gestione tributaria del Comune». Una fonte interna spiega che Azione voleva favorire il Pd: «la Sts è a Frascati, città aderente al CEP che ha come sindaco Francesca Sbardella, moglie di Bruno Astorre, e che ora è costretta a dichiarare il dissesto», segretario regionale del Pd e Senatore.
In sostanza, Azione ha sostenuto chi voleva affidare le tasse del Comune ad enti con un enorme buco di bilancio e vicini al Pd. Grottaferrata poteva finire come i Comuni aderenti al CEP: a rischio default o con problemi di bilancio. Andreotti ha difeso il bilancio del suo Comune, uno dei pochi ancora sani e ha pagato questa scelta.
La sua giunta è caduta a novembre 2021, dopo essere stato sfiduciato da nove consiglieri della sua maggioranza. «Ad Azione interessano le poltrone: invece di contrastare lo strapotere del Pd ci si allea», denuncia la nostra fonte. I fili si muovono, le marionette ballano.
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