Bisogna separare le carriere. Da un lato la segretaria del partito, dall'altro un candidato premier tutto da inventare. Nel Pd se ne sono accorti un po' tutti. I padri nobili soprattutto. E poi i riformisti e la sinistra dem. Allora l'obiettivo, che unisce Romano Prodi e Dario Franceschini, Goffredo Bettini e gli animatori del tendone centrista, è diventato quello di convincere Elly Schlein a tenersi fuori dalle primarie di coalizione, pur rimanendo alla guida del Nazareno. Il piano nasce dalla convinzione, sempre più diffusa tra i progressisti, che la leadership di Schlein non ha la necessaria forza per ambire a sfidare Giorgia Meloni. Insomma, il modello Zohran Mamdani, l'attivismo radicale alla Jean Luc Melenchon, il traino delle piazze per Gaza, possono funzionare per tenere vivo il Pd intorno al 20% ma non servono per vincere le elezioni. A dirlo, senza tanti giri di parole, è stato Romano Prodi qualche giorno fa, parlando con Il Corriere della Sera. "Dall'opposizione arriva una lettura troppo ristretta della società", ha confessato il Professore. Poi il passaggio chiave, che lascia intravedere quale sia la strategia dei "grandi vecchi" del centrosinistra: "A me non interessano i partiti, ma le coalizioni di governo".
Da qui la via d'uscita della separazione delle carriere. Schlein alla guida di un Pd radicalizzato, che si ispira al sindaco socialista e musulmano di New York Mamdani e non si distanzia troppo da La France Insoumise, parlando ai giovani. Ma a capo della coalizione si cerca una figura diversa. Ernesto Maria Ruffini, sabato all'evento del suo movimento, ha fatto sapere di essere pronto alle primarie. Ma il casting è affollato. Tra i riformisti dem c'è chi evoca il nome di Paolo Gentiloni. Ed è nutrita la pattuglia dei sindaci pieni di ambizioni. Da Silvia Salis, spinta da Matteo Renzi, a Gaetano Manfredi, più gradito alla sinistra dem. Negli ultimi giorni è spuntato pure il nome di Stefano Bonaccini.
E, con una vittoria larga in Puglia, anche Antonio Decaro potrebbe rientrare nel toto-nomi. Ma la Schlein non si scompone: "Lavoriamo per una classe dirigente del Pd unita". Tocca vedere solo se la leader farà un passo indietro.