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E dopo i flop, i tedeschi ringraziano l'Italia

La pista sbagliata, il tir non perquisito, il sospetto in fuga armato. Poi l'aiuto tricolore

E dopo i flop, i tedeschi ringraziano l'Italia

Alla fine è stata l'Italia, definita spesso con disprezzo dai tedeschi la patria dei «consegnatori di pizza», a togliere le castagne dal fuoco alla polizei. La Germania non ha potuto fare altro che prenderne atto, e attraverso il ministro degli Esteri Martin Schaefer ringraziarci. «La nostra riconoscenza è enorme. Sono grato alle autorità italiane per la collaborazione molto stretta, basata sulla fiducia». Di sicuro le forze di sicurezza della Germania da questa vicenda escono con le ossa rotte. Qualcuno, tutt'altro che incautamente, ha paragonato gli errori e le leggerezze degli inquirenti teutonici a quelli commessi nel lontano 1972 a Monaco, in occasione delle Olimpiadi, quando il blitz per liberare gli atleti israeliani all'aeroporto di Furstenfeldbruck, si concluse con la morte di 17 persone.

La «lista della spesa» dell'imbarazzo è piuttosto nutrita e nei prossimi giorni il ministro dell'Interno De Maizière dovrà rendere conto al Bundestag e alle opposizioni che hanno chiesto la sua testa. Di errori, grossolani, ne sono stati commessi a bizzeffe: dal pachistano arrestato per sbaglio, al tir non perquisito per troppe ore, alla fuga di Anis Amri, che nessuno ha reso inoffensivo pur conoscendone la pericolosità. Si parte dal tweet di Lutz Bachmann, leader del movimento Pegida, che due ore dopo l'attacco aveva rivelato che «l'autore è un musulmano tunisino», attribuendo l'informazione a fonti della polizia, mentre gli inquirenti stavano battendo la pista del pachistano. Sono state bruciate 24 ore preziosissime, nelle quali nessuno ha spiegato che il vero sospettato era in fuga. Solo mercoledì pomeriggio è stato emesso il mandato di cattura, perché nessuno si era preoccupato di controllare se nel tir ci fossero documenti del jihadista, poi recuperati.

Eppure Amri era sotto osservazione della polizia dal marzo scorso, ed erano anche noti i suoi rapporti con Abu Walaa, un predicatore integralista arrestato per aver radicalizzato parecchi immigrati, riuscendo persino a inserire una talpa nei servizi segreti. «Chi stava in alto sapeva che Amri utilizzava diverse identità false per viaggiare da uno Stato all'altro della Germania federale. Usava un linguaggio oscuro, ma qualcuno non ha fatto lo sforzo di provare a tradurlo», ha detto una fonte investigativa ai media tedeschi.

C'è però dell'altro: Amri, che arrivò in Germania tra luglio e agosto del 2015, era già conosciuto per la sua pericolosità, al punto da figurare in una lista no-fly degli Stati Uniti.

Nelle «persone non gradite» ci era finito per aver presentato una domanda di asilo negli Usa fingendosi un egiziano in fuga dalla repressione, ma senza riuscire a ingannare le autorità. E per chiudere con l'imbarazzo, gli inquirenti tedeschi hanno ottenuto la documentazione ufficiale di Amri dal governo tunisino soltanto giovedì mattina. Tre giorni dopo la strage.LG

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