La linea del post elezioni dei Cinque Stelle la detta Beppe Grillo nel suo blog: «Siamo di gran lunga la prima forza politica della Sicilia». È il mantra per mistificare la sconfitta. E anche nelle chat grilline la delusione, che è naturale ci sia tra chi già assaporava la vittoria, viene messa subito a tacere per rilanciare il tema del primo partito.
Luigi Di Maio praticamente già si sente premier. In fondo, dice lui, dal 35 per cento ottenuto sull'isola al traguardo del 40 per cento alle politiche è un attimo: «Sono fiducioso, possiamo farcela e andiamo al governo del Paese». Per il leader del Movimento quello ottenuto in Sicilia è un risultato «storico». Adesso non rimane che affinare con il suoi la strategia per andare alla conquista del governo nazionale, presentandosi come argine al centrodestra. «Il Pd è politicamente defunto», ribadisce Grillo. Non fa più paura, anzi paradossalmente è proprio da sinistra che il M5s spera di convogliare qualche «voto utile». Certo sarà difficile replicare quello che è accaduto in Sicilia, dove con il voto disgiunto il candidato grillino Giancarlo Cancelleri ha scippato tanti consensi al Pd risultando più votato della sua lista. Il Rosatellum non prevede il voto disgiunto, ma i Cinque Stelle potrebbero approfittare comunque della disgregazione del partito democratico per intercettare i voti di chi, nel centrosinistra, non voterebbe mai a destra. Insomma sfruttare la solita miniera dell'antiberlusconismo. Bisognerà vedere anche cosa faranno prossimamente i grillini in Parlamento, come si comporteranno quando sarà il momento di votare leggi bandiera per la sinistra come lo ius soli e il biotestamento. Intanto continuano a porsi come unica alternativa all'avanzare del centrodestra la cui vittoria, dicono, «è stata contaminata dai voltagabbana e dagli impresentabili», anche se in realtà dei quattordici presunti «impresentabili» del centrodestra soltanto tre sono stati eletti e hanno pesato il 7,6 per cento sui consensi complessivi. Il candidato del centrodestra Nello Musumeci, dunque, avrebbe vinto lo stesso.
Ma il vero punto debole dei progetti grillini resta il corto circuito giustizialista dal quale non riescono ad affrancarsi, nonostante la loro parabola garantista dettata dai colpi delle inchieste giudiziarie che li hanno investiti. Ma quando sotto accusa ci finisce qualcuno che non fa parte del Movimento la tentazione di predicare bene e razzolare male è forte. Come con il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, indagato ieri per falsa testimonianza nell'ambito del processo Mafia Capitale. «Un fatto gravissimo», secondo la senatrice M5S Paola Taverna.
Il Movimento si chiede su Facebook come faccia un presidente che si deve occupare dei propri guai giudiziari a cominciare la campagna elettorale, tralasciando che la sindaca di Roma, Virgina Raggi, il prossimo 9 gennaio, in prossimità del voto, dovrà presentarsi davanti a un giudice al quale spetterà decidere se rinviarla a giudizio per falso e che quella di Torino, Chiara Appendino, ha appena ricevuto un avviso di garanzia per i fatti di piazza San Carlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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