La magistratura va in ordine sparso sulla riforma che dovrebbe ricevere oggi il via libera dal Consiglio dei ministri dopo il confronto dentro la maggioranza. «Abbiamo iniziato a esaminare il testo, l'impatto sull'organizzazione del lavoro nella parte processuale del disegno di legge è notevole e va valutata con calma», dicono fonti vicine a Magistratura indipendente. Più tranchant il giudizio dell'ex Csm Sebastiano Ardita: «Si tratta di interventi che appaiono ispirati alla tutela della classe dirigente politico finanziaria del nostro Paese, in altri termini adottati a tutela dei colletti bianchi - dice al telefono con il Giornale - Non so se per i cittadini sia meglio avere una classe politica debole e posta al riparo dalle possibili iniziative giudiziarie oppure una politica autorevole che dia corpo ad istituzioni forti e non timorose di svolgere per intero, con fermezza ed onestà, il proprio ruolo», dice il magistrato siciliano. «Abolire l'abuso d'ufficio sarebbe una palese violazione degli obblighi internazionali assunti con Onu e Europa e un'anomalia rispetto all'estero», insiste su Repubblica Danilo Ceccarelli, vice della Procura europea, la cui tesi è stata smentita da Luigi Stortoni (emerito di Diritto all'Alma Mater di Bologna), secondo cui le norme prevedono la facoltà di normare l'abuso, non un obbligo. Ma anche il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia lancia l'allarme: «Non ha ambizioni ma criticità importanti», soprattutto in merito all'abrogazione dell'abuso d'ufficio che a suo dire genera «un vuoto di tutela che non riesco a spiegarmi». Secondo il leader del sindacato delle toghe «limitare la pubblicazione di alcune conversazioni crea un'ulteriore tensione tra diritto dell'informazione e diritto dell'imputato». «I magistrati provano subito a condizionare l'iter», dice Enrico Costa (Azione-Iv). Certo è che per il pm sarà più difficile proporre appello rispetto a un proscioglimento. Per evitare le criticità sollevate dalla Corte costituzionale nel 2007 (sentenza numero 26 del 6 febbraio) contro il lodo di Gaetano Pecorella, la riforma prevede l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento relative a reati di contenuta gravità», non quindi «generalizzata» né «unilaterale» come nella norma allora considerata incostituzionale. Sulle misure cautelari personali si prevede «un duplice ordine di modifiche»: si estende il contraddittorio preventivo e ci sarà una collegialità nella decisione sulla richiesta di applicazione della custodia in carcere nella fase di indagini. Per Rossella Marro di Unicost «la riforma sul collegio per decidere la custodia cautelare è inattuabile negli uffici giudiziari di piccole dimensioni» mentre «l'attenzione alla tutela dei terzi estranei all'indagine sta già dando buoni frutti», tanto che a suo dire le intercettazioni sono quasi sparite dai quotidiani. «Chiedete ai giornalisti», dice la presidente nazionale di Unità per la Costituzione, tanto che l'Ordine dei giornalisti ancora ieri chiede di garantire «il diritto dei cittadini a essere informati». Gli avvocati restano sulla difensiva. Il presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco, ieri agli Stati generali dell'avvocatura, ha criticato i limiti di pagine e caratteri imposti agli avvocati per la redazione degli atti giudiziari. «Così si comprime chiaramente il diritto alla difesa». L'avvocato Ivano Iai invece ragiona sulle novità introdotte sull'informazione di garanzia: «A sottrarsi temporalmente a criteri rigorosi è il pubblico ministero, che detta le tempistiche della comunicazione all'interessato con incontrollata discrezionalità, in quanto è questi a decidere se e quando procedere ad attività investigative partecipate e individuarne i precisi momenti di svolgimento».
Dare invece (quando è possibile) all'indagato e al giudice un momento di interlocuzione diretta, prima di una misura cautelare e previo deposito degli atti, con facoltà della difesa di averne copia, potrebbe evitare le storture forcaiole a cui abbiamo assistito da Mani Pulite ad oggi.
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