Il virus fa paura, ma ancora di più l'ignoranza di chi discrimina i cinesi per timore di contrarre la malattia. Negli ultimi giorni si sono registrati alcuni episodi di razzismo. Scritte, insulti, prepotenze che ieri hanno spinto l'ambasciata cinese a scendere in campo a difesa dei propri connazionali a rischio emarginazione.
Un tassello ulteriore che va ad aggiungersi allo scontro diplomatico già in atto tra Italia e Cina da quando Pechino ha accusato Roma di eccessivo allarmismo, chiedendo al governo italiano di eliminare il blocco dei voli aerei. Una «misura prudenziale» rivendicata dal ministro della Salute, Roberto Speranza, dopo che in una riunione straordinaria al Consiglio Ue alcuni paesi hanno contestato la decisione del nostro governo di tenere a terra gli aerei. Una contrapposizione, quella tra Italia e Cina, che ha visto scendere in campo anche il presidente Sergio Mattarella, protagonista di un importante lavoro diplomatico volto a riportare la serenità nei rapporti con il paese del Dragone. Tra le varie iniziative promosse dal Capo dello Stato anche un concerto organizzato ieri sera al Quirinale alla presenza dell'ambasciatore cinese Li Junhua. Mattarella ha ribadito la fiducia e il sostegno alla Cina nell'emergenza contro l'epidemia. Il presidente cinese Xi Jinping, in un messaggio letto dal diplomatico, lo ha ringraziato commosso: «La vera amicizia si vede nel momento del bisogno». «I nostri sforzi - ha scritto il presidente - stanno gradualmente producendo risultati positivi. Il governo ed il popolo cinesi sono fiduciosi e determinati e possiedono le capacità per vincere la battaglia contro l'epidemia».
L'allarme dell'ambasciata era arrivato di prima mattina. «Nella comunità cinese in Italia si sta diffondendo il panico, non per il coronavirus ma per la sicurezza, perché in questi giorni si sono verificate delle aggressioni a danno dei cittadini cinesi che vivono qui», ha detto il dottor Zhang, funzionario dell'ambasciata cinese in Italia accompagnando fuori dall'ospedale Spallanzani i venti turisti orientali che erano stati a contatto con la coppia di connazionali positiva al test del coronavirus, dimessi ieri dopo la fine della quarantena. Tutti negativi ai test, ma anche intimoriti dalle possibili reazioni di chi potrebbe continuare a considerarli una minaccia. Per questo Zhang ha voluto lanciare un appello agli «amici italiani affinché garantiscano la sicurezza dei cinesi che vivono e lavorano nel nostro Paese, evitando pregiudizi, distinzioni e aggressioni». «Insulti e minacce non sono tollerabili», insiste.
In questa fobia, poi, si intrecciano episodi accaduti a racconti di vicende forse ingigantite, come quella dell'infermiera dello Spallanzani che ieri ha raccontato ai giornalisti che i cinesi dimessi dall'ospedale dopo la quarantena erano pronti per uscire già 24 ore prima per pernottare fuori, ma nessuno li avrebbe voluti, né alberghi, né tassisti.
«Una vicenda ridimensionata dal direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia, il quale ha assicurato che le dimissioni sono avvenute «come previsto» ieri, smentendo le indiscrezioni sulla comitiva rifiutata da hotel e taxi.
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