E nel Brasile ci sono 85 candidati trans

E nel Brasile ci sono 85 candidati trans

Il Brasile in crisi economica che oggi va a votare per eleggere i sindaci di oltre 5mila comuni almeno un boom lo vive: quello dei candidati trans. In tutto sono infatti ben 85 quelli contabilizzati dall'Antra (Associazione nazionale dei travestiti e transessuali) e da Redetrans, eeppure secondo le asssociazioni «sono ancora troppo pochi, appena lo 0,02% del totale dei candidati». Da noi interpellata Samara Braga, trans che punta alla poltrona di prima cittadina di Alagoinhas, 150mila abitanti nella regione di Bahia, non fa una piega e, tosta, ribadisce che, se eletta, ha in programma uno sciopero generale contro le privatizzazioni e la riforma del lavoro proposte dal presidente Michel Temer «lo sbatteremo fuori di là insieme a tutti gli altri» - la legalizzazione delle droghe, la criminalizzazione per legge della fobia anti Lgtb e la smilitarizzazione della polizia. A candidarla è il Psol, il partito socialismo e libertà, staccatosi nel 2004 dal PT di Lula e Dilma. Altra candidata trans del Psol - alla poltrona di sindaco di Caraguatatuba, 60mila anime nella regione di San Paolo - è Thifany Felix, parrucchiera che promette, in caso di vittoria, «una città giusta, responsabile, inclusiva, sostenibile e che offra a tutti le stesse opportunità». Sarà populismo ma Thifany è una sorta di Cavour al confronto di quanto promettono altri candidati a queste latitudini.

È il caso del Bin Laden di Diadema, città dell'hinterland paulista, sosia improbabile del de cuius saudita, o della dozzina di Rambo che un po' ovunque in Brasile fanno campagna elettorale brandendo in mano un mitra - si spera giocattolo - e promettendo «pugno duro contro il crimine». Per non parlare della Madonna Figa, della Donna Pera cosiddetta per attributi affatto intellettuali che è qui inutile sviscerare e, tenetevi forte, di Gesù Cristo che, ça va sans dire, promette «più pace per tutti».

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