Draghi alle Camere garantisce tutti sul caso omofobia. "Ok al Concordato ma l'Italia è laica"

E rassicura anche il Vaticano dopo lo strappo diplomatico

Draghi alle Camere garantisce tutti sul caso omofobia. "Ok al Concordato ma l'Italia è laica"

A scuola dai gesuiti, a messa ogni tanto con il Papa, da un anno persino membro della pontificia Accademia delle scienze sociali. Eppure eccolo Mario Draghi, cattolicissimo, osservante, praticante, che al Senato traccia il confine invalicabile. «Senza entrare nel merito degli ultimi sviluppi, mi preme ricordare che l'Italia è uno Stato laico, non uno Stato confessionale», quindi «il Parlamento è certamente libero di discutere e di votare» quello che ritiene opportuno, anche un provvedimento che Oltretevere considerano scabroso e illiberale come la legge Zan. Ma la Santa Sede può stare tranquilla, perché «il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per cui ogni norma approvata dalle Camere rispetta i requisiti costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato con la Chiesa». E non basta. «Ci sono controlli preventivi nelle commissioni, ci sono controlli successivi della Consulta». Siamo l'Italia, non la repubblica delle banane. E poi, «per completare l'informazione, siamo preoccupati per le leggi di discriminazioni in base all'orientamento sessuale in Ungheria, abbiamo appena firmato un documento con altri 16 paesi europei».

Dunque, a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare. Il governo «non entra nel merito», non può farlo, non vuole nemmeno per motivi di equilibri della maggioranza. Comunque vigilerà, «accompagnerà» il dibattito, sperando in una soluzione che vada bene a tutti. Però attenzione. «Cito una sentenza della Corte Costituzionale, la laicità non è indifferenza nei confronti del fenomeno religioso, è tutela del pluralismo e della diversità», spiega il premier. Una frase che si interpreta in vari modi e che offre, tenendosi a distanza di sicurezza, un via libera a una mediazione. Si, davvero una grossa grana, che mescola aspetti politici, confessionali, etici e di rapporti con il Vaticano, un terreno scivoloso soprattutto per un esecutivo chiamato a sollevare l'Italia dal Covid e dalla crisi e non ad occuparsi di diritti civili.

Ma al Papa bisogna pur rispondere. Alla Segreteria di Stato, che ha messo nero su bianco come «alcuni contenuti dell'iniziativa legislativa avrebbero l'effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate dalla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal regime concordatario», tocca dare una spiegazione. Nella nota verbale, gesto diplomatico forte, senza precedenti, si ricorda che «ai cattolici e alle loro associazioni e garantita la piena libertà di riunione e manifestazione di pensiero», quindi non si può obbligare le scuole a partecipare alle giornate contro la omotransfobia e «non si può considerare la differenza sessuale secondo una prospettiva antropologica» perché, si legge, è materia «non disponibile in quanto derivata dalla stessa rivelazione divina». E quindi il Vaticano, in base ai Patti, «auspica una diversa modulazione» della legge Zan».

Ora Draghi deve risolvere l'equazione, evitando di restare coinvolto in un conflitto Stato-Chiesa e tenendo il governo alla larga delle tensioni politiche sull'argomento. Lo fa rimettendo le cose nel giusto binario istituzionale con poche, semplici parole che subito ottengono l'apprezzamento trasversale.

«L'esecutivo - ripete - non entra nel merito della discussione. Questo è il momento del Parlamento, non del governo». La soluzione non sembra alle porte, servirà una riflessione approfondita: intanto lo scontro politico sfumerà e Draghi potrà continuare a lavorare sulle riforme.

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