E Salvini alza il muro: "Se è così niente alleanza"

Scricchiola il fronte anti-europeo ma il leghista non cambia idea: "Piuttosto corriamo da soli"

E Salvini alza il muro: "Se è così niente alleanza"

Milano - «La Le Pen ha perso per il no all'euro, i voti gollisti sono scappati per le sue teorie confuse sull'economia, la moneta nazionale, l'idea di uscire dall'Europa. Molti dentro la Lega pensano che questa posizione contro l'euro, un tema troppo divisivo, farà perdere anche noi». È il pensiero di un leghista ai vertici del partito dopo la sconfitta di Marine Le Pen, punto di riferimento della Lega salviniana in Europa. Per la prima volta da quando è segretario federale, Matteo Salvini si ritrova in difesa dentro il suo Carroccio. Se la Brexit e poi il trionfo di Trump erano stati salutati come l'inizio di un'onda destinata a premiare anche la Lega in versione lepenista, la mancata affermazione del Pvv di Geert Wilders in Olanda, il flop di Hofer in Austria e infine, soprattutto, la delusione arrivata dalla Francia rimettono in discussione la linea, rafforzando la corrente più scettica verso il posizionamento del partito scelto da Salvini. Anche nell'ala dura, come l'ex direttore di TelePadania Max Ferrari che sui social vede l'errore fatale del Fn nell'«intestardirsi su una questione come l'uscita dall'euro». Il risultato francese, però, non si traduce in un dibattito nel summit convocato in via Bellerio, anche se poco prima il governatore lombardo Roberto Maroni aveva fatto capire il contrario («Quello che è successo in Francia non è irrilevante all'interno del centrodestra. Oggi c'è il consiglio federale della Lega e ne parleremo»). In un clima non dei più sereni, il segretario Salvini (prima di congedarsi per «dedicarmi qualche giorno alla famiglia» dopo l'ultimo tour de force) è partito invece dalla Francia per difendere, in una sorta di assolo davanti ai dirigenti leghisti, le proprie scelte e i successi della sua segreteria che ha portato la Lega ad essere alleata «delle prime forze di opposizione in Europa», anche se poi non arrivano a governare. Nella Lega, invece, «c'è gente felice che abbia vinto Macron» (riferimento a Umberto Bossi) mentre il successo dell'ex dirigente Rothschild è un tassello in più nel disegno di «chi vuole schiacciare gli interessi dei cittadini a favore delle banche, un progetto di sostituzione dei popoli in Europa che vorranno ripetere anche in Italia». S si meraviglia Salvini che non tutti i leghisti (tra cui Gianni Fava, che è riuscito a raccogliere le firme per sfidarlo alle primarie della Lega del 14 maggio) lo capiscano, e si ostinino a pensare a vecchie alleanze con Berlusconi che brinda alla vittoria di Macron, invece di puntare su Salvini come «alternativa a Berlusconi». Il sospetto, anzi, è che chi rema contro sia pilotato da chi vuole una Lega subalterna ai berlusconiani.

Opzioni diverse alla guerra all'«Europa che ci affama» non sono contemplate, finché il capo sarà lui. E a precise condizioni: un mandato forte, un semi-plebiscito. «Non faccio il segretario col 51%, se al congresso non prendo l'80% il segretario lo fa qualcun altro. A me non interessa fare il partitino del 3% che va ad elemosinare ad Arcore», avverte Salvini rivendicando il «massimo storico» al 12,8% toccato con lui.

Il federale post-Eliseo segna anche la riapertura delle ostilità con Forza Italia: «Berlusconi festeggia Macron? Mi sembra stia in pessima compagnia, perché la pensa come Renzi, Boldrini e i Cinque stelle - attacca il leader leghista - Chi crede di fare l'Italia schiava di quest'Europa dalle regole assurde e dall'immigrazione incontrollata, si scordi pure l'alleanza con la Lega». Poco male, «se resta questa legge elettorale meglio correre da soli». Tutti temi del congresso tra Salvini e Fava, «sarà una contesa molto interessante» assicura Maroni.

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